Marcia indietro dei turchi, ​Pernigotti resta in Italia

Dopo gli annunci di delocalizzazione in Turchia fatti negli scorsi giorni, il gruppo industriale Toksöz dichiara che la produzione alimentare della Pernigotti sarà esternalizzata presso il territorio nazionale italiano, pur rimanendo ormai quasi certa la chiusura dello storico stabilimento di Novi Ligure

Marcia indietro dei turchi, ​Pernigotti resta in Italia

Dopo la bufera dei giorni scorsi i dipendenti della Pernigotti vedono allontanarsi la possibilità di una completa delocalizzazione in Turchia, con conseguente rischio di licenziamento e cassa integrazione. Stando infatti ad una nota ufficiale diramata dalla multinazionale turca Toksöz, che nel 2013 acquisì Pernigotti dal Gruppo Averna, la produzione dei famosi cioccolati verrà "esternalizzata unicamente presso il territorio nazionale", pur rimanendo confermata la chiusura dello storico stabilimento di Novi Ligure, in provincia di Alessandria. In seguito il comunicato prosegue affermando: "Come già ribadito anche in sede di confronto con le parti sociali, nel rispetto della storicità del brand Pernigotti e con l’obiettivo di mantenere la qualità distintiva dei propri prodotti, la società sta procedendo all’individuazione di partner industriali in Italia a cui affidare la produzione, coerentemente anche con l’obiettivo di cercare di ricollocare il maggior numero possibile di dipendenti coinvolti presso aziende operanti nel medesimo settore o terzisti". Tirano quindi un temporaneo sospiro di sollievo i 180 lavoratori dell'azienda piemontese, in attesa del tavolo di crisi convocato per il prossimo 15 novembre dal Ministero dello sviluppo economico.

Proprio il sottosegretario al Mise con delega alle crisi aziendali Davide Crippa, nel commentare la decisione di Toksöz di rimanere in Italia, sottolinea l'impatto positivo che questo avrà sull'economia nazionale: "Per la Pernigotti abbiamo già fatto delle misure per almeno garantire la cassa integrazione straordinari ai lavoratori. Durante questo periodo cercheremo di individuare un soggetto imprenditoriale in grado di rivalutare questo e altri marchi che hanno un valore per il Made in Italy all'interno del tessuto produttivo italiano e internazionale. Alcuni marchi in un processo di globalizzazione potranno passare a operatori e investitori stranieri. L'importante è che vengano e mantengano sedi operative in Italia credendo nel progetto italiano". Il sottosegretario al Ministero del lavoro e delle politiche sociali Claudio Durigon manifesta invece la volontà del governo di rimanere vicino ai dipendenti: "Sulla delicata situazione della società Pernigotti il governo è presente e lavora per trovare al più presto una soluzione. Capiamo perfettamente lo stato d'animo dei dipendenti e non li lasceremo soli in questo momento di crisi".

Affermazioni condivise anche dai parlamentari del Movimento 5 stelle Susy Matrisciano, Lucia Azzolina, Celeste D'Arrando, Elisa Pirro e Davide Serritella, che in un comunicato congiunto con altri esponenti del partito interessati dalla chiusura dello stabilimento - tra cui l'europarlamentare Tiziana Beghin, i consiglieri regionali del Piemonte Giorgio Bertola, Francesca Frediani e Paolo Mighetti ed il consigliere comunale di Novi Ligure Fabrizio Gallo - dichiarano: "La decisione di Pernigotti di esternalizzare le proprie attività produttive unicamente presso il territorio nazionale, ufficializzata oggi dall'azienda in una nota, è un piccolo passo in avanti per risolvere questa questione. Il Mise è stato tempestivo nel convocare un tavolo di crisi per giovedì 15 novembre, durante il quale speriamo si possano iniziare a trovare delle soluzioni utili per salvaguardare gli attuali livelli occupazionali. Come MoVimento 5 Stelle cercheremo in tutti i modi di salvare anche questo storico marchio. Non possiamo permettere che pezzi di storia ed eccellenze del Made in Italy vengano irrimediabilmente perse".

Perplessità sulle dichiarazioni dei turchi arrivano però dal mondo dei sindacati, nella persona di Tiziano Crocco, segretario generale dell'Unione Italiana Lavori Agroalimentari (Uila), che afferma: "Esternalizzare in Italia? La cosa ci fa ridere. Il territorio dell'Italia è vasto, così come non ci convince la l'ipotesi di affidare la gestione in conto terzi. Il nostro obiettivo primario resta salvare lo stabilimento di Novi e tutelare il made in Italy, i prodotti con il marchio Pernigotti devono uscire di qui. Poi ben vengano altri in affiancamento, anche con marchio turco, purché di qualità, qui c'è spazio per tutti." - aggiungendo - "Un successo l'abbiamo già ottenuto con la convocazione del tavolo al Mise". Critiche all'intervento governativo arrivano invece dai banchi dell'opposizione, con il responsabile Industria di Forza Italia alla Camera Maurizio Carrara che alla trasmissione di La7 "L'aria che tira" ha commentato: "Lavoratori e impresa sono legati da un identico destino. La Pernigotti dimostra come alle perdite annuali dell'azienda corrisponda ora una grave difficoltà dei lavoratori. Ecco perché un governo serio deve garantire l'abbattimento della burocrazia, costi competitivi simili a quelli dell'area Euro, soprattutto quelli del lavoro e quelli energetici, e garantire tasse più in linea con quelle continentali. Ma con i grillini al governo siamo ben lontani dall'avere tutto ciò".

Non resta quindi che aspettare il già citato tavolo di crisi del 15 novembre, dove finalmente potrà essere chiaro il destino dello stabilimento di Novi Ligure, che se dovesse essere chiuso definitivamente darebbe un duro colpo all'economia dell'intero territorio alessandrino. Un timore che traspare dalle parole del Presidente della provincia di Alessandria Gianfranco Baldi: "Siamo preoccupati.

La decisione del gruppo turco Toksöz cancella con un colpo di spugna un simbolo di Novi. La strategia sembrerebbe chiara: tenere il marchio e produrre in Turchia. Il gruppo non avrebbe alcuna intenzione di accogliere le richieste dei lavoratori, di posticipare di almeno 5 anni la chiusura".

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