Marino in procura nega le accuse sulle spese

Il sindaco dimissionario di Roma incontra il pm Roberto Felici

Marino in procura nega le accuse sulle spese

L'ormai ex sindaco di Roma Ignazio Marino si trova ora negli uffici della procura, a piazzale Clodio, a colloquio con il pm Roberto Felici, a cui è stato affidato il fascicolo sulle spese sostenute da Marino in qualità di primo cittadino e aperto a seguito degli esposti presentati da Fratelli d'Italia e Movimento 5 stelle. Lunedì scorso, Marino, accompagnato dal suo avvocato Enzo Musco, si era già recato dal pm Felici che sta indagando, come riporta Il Corriere, sulle "'cene istituzionali' pagate con la carta di credito del Comune (con un plafond aumentato da 10 mila a 50 mila euro)".

Nell'incontro di oggi, l'ex sindaco ha negato le accuse e depositato documenti. Marino è stato sentito, come riferito dal suo legale Enzo Musco, nella veste di persona informata sui fatti. E, secondo quanto si è appreso, in questa veste ha lasciato il tribunale dopo quattro ore di dichiarazioni spontanee davanti al procuratore aggiunto Francesco Caporale ed al pm Roberto Felici. Marino non ha rilasciato dichiarazioni ed è uscito da piazzale Clodio, evitando di farsi vedere dai cronisti. Nel corso del faccia a faccia
con gli inquirenti, Marino, accompagnato dal suo legale Enzo Musco, ha dato la propria versione dei fatti a proposito degli scontrini e delle spese di rappresentanza fatte con la carta di credito del Campidoglio. Tra l’altro ha chiarito che non era la moglie, ma una sua collaboratrice, ad aver effettuato una prenotazione presso un ristorante.

Il sindaco dimissionario "non ha mai richiesto la carta di credito, che gli è stata invece attribuita dagli uffici", ha precisato lo stesso Marino in procura, come riferisce in una nota il suo legale, l’avvocato Enzo Musco. Marino ha anche sottolineato che "non è stato lui a richiedere il riallineamento del plafond della carta da 10mila a 50mila euro, come era nella precedente amministrazione e che la seconda carta di credito, attribuita al capo del cerimoniale, è stata richiesta per facilitare i pagamenti in occasione di eventi pubblici".

Marino ha chiarito "che nella quasi totalità dei casi i giustificativi ricollegano la causale della cena alla tipologia dell’ultimo appuntamento della giornata programmato nell’agenda del sindaco; che ciò è certamente dipeso dal fatto - conosciuto solo adesso - che la ricostruzione delle causali delle cene è avvenuta a distanza di molto tempo da parte degli uffici del Comune, i quali, non ricordando la vera finalità istituzionale della cena, ne hanno evidentemente indicata una compatibile con l’ultimo appuntamento in agenda. Tale agenda che non è quella cartacea ma quella in formato elettronico, era a disposizione e consultabile da moltissimi uffici del Comune, per un totale di circa 50 o 60 persone". Marino ha anche spiegato che "nella quasi totalità dei casi i giustificativi recano quale data dell’apparente sottoscrizione del sindaco lo stesso giorno dell’evento: il che è chiaramente impossibile perché implicherebbe che il sindaco, terminata la cena, sia rientrato in Campidoglio a sottoscrivere il giustificativo e che in alcuni casi tali giustificativi risultano addirittura firmati quando il sindaco si trovava all’estero; e se si trovava all’estero non poteva evidentemente trovarsi in Campidoglio a firmare i giustificativi".

"Fermo restando dunque - sottolinea l’avvocato Enzo Musco - che il sindaco non ha mai utilizzato il denaro pubblico per finalità estranee a quelle consentite, è evidente che la questione relativa ai giustificativi è da ricollegare ad una prassi - consolidata negli anni e comunque precedente all’amministrazione del sindaco Marino - secondo cui sono gli uffici del Campidoglio, e non il primo cittadino a gestire questi aspetti, come è ovvio che sia e come chiunque può comprendere, senza che ciò possa giustificare però la scelta (che non si sa a chi sia riconducibile) di apporre sistematicamente firme non autentiche di Marino e di indicare causali di spesa evidentemente ricostruite a posteriori e senza consultare il sindaco".

Infine, Marino ha anche chiarito che "la sua decisione, una volta conosciuta questa vicenda, di donare al Comune di Roma una somma corrispondente alle spese di rappresentanza dall’inizio del suo mandato, lungi dal costituire un atto di debolezza o, peggio ancora, di ammissione di colpevolezza, ha rappresentato il simbolico gesto di ribellione di una persona onesta".

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