Marzo scorso, mattina, Milano, Tangenziale Est. Ex Oriente Lux, ex Occidente Lex. Un uomo di 53 anni viene fermato dalla polizia stradale. Controllo di routine. Gli agenti trovano nell'auto una mazza di legno di 40 centimetri: su un lato porta un'immagine di Mussolini, sull'altro la scritta «Molti nemici molto onore». L'uomo viene denunciato. Il Pm chiede l'archiviazione. Ma il giudice, Guido Salvini, respinge la richiesta. Motivazioni: perché la mazza è un oggetto atto ad offendere; perché era tenuta «a portata di mano»; e perché «le scritte e le immagini evocano motivazioni collegate a un uso violento di carattere politico».
I fascisti non capiscono una mazza. Mussolini non ha fatto una mazza di niente. In Italia i neofascisti sono quattro sfigati che non contano una mazza. Della difesa personale non ce ne frega una beata mazza.
Domanda: significa che un bastone con la scritta «Molti nemici molto onore» è più pericoloso di una mazza da baseball immacolata? O che il possessore di un bastone fascista sia potenzialmente più violento del possessore di un tirapugni d'acciaio?
Le sentenze si rispettano; figuriamoci i decreti di imputazione coatta.
Per di più firmati da un magistrato dalla carriera specchiata come il giudice Salvini, verso il quale nutriamo una stima piramidale a partire dal nome. Ci chiediamo, però, se l'ossessione fascista non rischi, caricando le cose di un pregiudizio che va oltre la legge, di spazzare via il buonsenso. Significa che non tutti i bastoni sono uguali. C'è mazza e mazza.
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