"Dava ai suoi ragazzi i vestiti degli immigrati". Sindaco sotto inchiesta

Chiuse le indagini sul centro di accoglienza di Varapodio. Oltre al sindaco sono indagate altre 5 persone, tra cui due funzionari della Prefettura di Reggio Calabria

"Dava ai suoi ragazzi i vestiti degli immigrati". Sindaco sotto inchiesta

Guadagno illeciti volti anche al consolidamento dei rapporti personali e professionali al rafforzamento dell’influenza politica nel territorio sarebbero gravitati attorno al centro di accoglienza per migranti di Varapodio, nel Reggino, situato nell'ex agriturismo "Villa Cristina". Il tutto con grave danno ai principi del buon andamento, imparzialità, legalità e trasparenza della Pubblica amministrazione.

Almeno queste sono le accuse mosse dalla procura di Palmi che, con l’inchiesta denominata "Cara accoglienza" avrebbe fatto emergere una gestione costosa e poco trasparente del centro di accoglienza. L'indagine, condotta dai carabinieri della Compagnia di Taurianova, ha portato alla notifica dell'avviso di conclusione indagini a sei persone tra le quali figura il sindaco di Varapodio, Orlando Fazzolari, eletto a capo di una lista civica e candidato, non eletto, alle Regionali del gennaio scorso con Fratelli d'Italia.

Tra gli indagati ci sono anche il gestore di una società cooperativa, due titolari di impresa di abbigliamento e due funzionari della Prefettura di Reggio Calabria. I soggetti sono accusati, a vario titolo, per falso ideologico (questo è lunico reato contestato ai funzionari della Prefettura), abuso d'ufficio, frode nelle pubbliche forniture, corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio, truffa ai danni dello Stato e peculato. Secondo gli investigatori, la gestione del centro inaugurato nel 2017 sarebbe stata interpretata da Fazzolari come una sorta di attività a fini personali. Il sindaco, infatti, avrebbe stipulato convenzioni con affidamenti diretti con imprese da lui scelte senza la preventiva autorizzazione dal Consiglio comunale. Il tutto, secondo le accuse, in contrasto con la normativa e in violazione del Codice degli appalti e della Convenzione con la Prefettura.

Il sindaco affidava le convenzioni di beni e servizi a privati verso i quali si trovava nella situazione di conflitto di interesse in quanto, almeno per alcuni di essi, svolgeva o aveva svolto il ruolo di consulente fiscale o intermediario-commercialista. Proprio la questione del conflitto ha spinto gli inquirenti ad accusare il primo cittadino anche di falso ideologico. Fazzolari avrebbe firmato auto dichiarazioni con le quali attestava di non trovarsi in situazioni di conflitto di interesse con i titolari delle imprese affidatarie.

Inoltre il sindaco avrebbe affidato la convenzione per la gestione del centro alla società cooperativa sociale "Itaca" in cambio dell'assunzione, con contratti di prestazione di lavoro occasionale, di persone a lui legate da rapporti di collaborazione, anche politica e di amicizia. Contestata l'assunzione di due consiglieri di maggioranza e della moglie di uno dei due, senza specifiche competenza, che ricevevano un contribuito mensile anticipato dalla Cooperativa e poi rimborsato dal comune. Per evitare possibili tensioni all’interno della maggioranza di centrodestra eletta nel 2017, il sindaco avrebbe "comprato" la fiducia di un consigliere comunale concedendo al dipendente della struttura di accoglienza 200 euro in più al mese, rispetto a quanto stabilito nel contratto di collaborazione. Il gestore della società, secondo l'accusa, avrebbe distratto parte dei corrispettivi versati dal Comune per pagare la somma al dipendente.

Il sindaco avrebbe anche utilizzato il centro di accoglienza come una sorta di negozio per rifornire di merce alcuni suoi familiari. Con la complicità di due titolari di una ditta di abbigliamento, scarpe e attrezzature sportive che avevano vinto l’appalto per approvvigionare la struttura per gli immigrati, Fazzolari si sarebbe accordato, attraverso pagamenti maggiorati rispetto a quanto stabilito in precedenza, per ottenere in cambio vestiario da destinare al figlio anziché agli ospiti della struttura.

Secondo quanto hanno accertato i carabinieri, l’attività illecita sarebbe

avvenuta con il favoreggiamento di due funzionari della Prefettura di Reggio Calabria che avrebbero redatto verbali falsi durante i controlli per verificare il corretto funzionamento al centro di accoglienza.

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