I migranti pagavano fino a mille euro a testa per assicurarsi un viaggio in furgone. Sui mezzi di fortuna che, passando lungo la rotta balcanica, portavano a Trieste o nel Nord Europa viaggiavano fino 36 disperati. Era a Milano che, attraverso società di copertura fittizie, riconducibili a soggetti inesistenti e aperte grazie all'uso di documenti falsi, la banda criminale organizzava i viaggi di pachistani, bengalesi e afgani. I clandestini, tutti provenienti dall'Ungheria, venivano così dispersi nel cuore del Vecchio Continente.
Questa mattina i carabinieri del Ros, grazie anche alla collaborazione della polizia slovena e ungherese, hanno arrestato in Lombardia, Veneto, Slovenia e Ungheria i quattro extracomunitari ritenuti i vertici dell'organizzazione di trafficanti di migranti che aveva un giro di affari superiore ai 400mila euro all'anno. L'accusa è pesantissima: "associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, con l'aggravante della transnazionalità". I destinatari sono Ali Raza Ahmed, 34enne nato a Londra e detenuto nel carcere Montorio di Verona, e Muhammad Ashan, 27enne nato a Gujrat (Pakistan) e residente a Bolzano ma domiciliato a Milano. In carcere a Budapest e a Maribor (Slovenia) sono, invece, finiti il pachistano Mirza Raies Baig (27 anni) e il connazionale Khurram Imatiz (24 anni) che risiede a Bologna. Per entrambi era stato emesso un mandato di arresto europeo. In Italia, su richiesta delle autorità ungheresi e slovene, sono state effettuate numerose perquisizioni per individuare l'intera rete di supporto logistico della banda.
L'indagine, denominata "Fake Link" (guarda il video), nasce da un'attività di monitoraggio del Ros sui movimenti migratori che passano attraverso la "rotta balcanica". Percorsi che sono al centro di indagini condotte anche dalla Questura di Gorizia, in collaborazione con la polizia slovena, tedesca e ungherese, coordinate dall'Europol. La banda, tutta composta da migranti pachistani, aveva la sede nella kasbah milanese di viale Padova, dove aveva costituito società di copertura, intestate a soggetti inesistenti e aperte grazie a documenti falsi.
Il gruppo in questo modo organizzava e gestiva il trasporto e l'ingresso clandestino di pachistani, bengalesi e afgani provenienti dall'Ungheria e diretti in l'Italia e in altri Paesi del Nord Europa. I veicoli erano preceduti da auto staffetta che avevano il compito di segnalare la presenza di controlli di polizia. I clandestini venivano poi abbandonati nelle zone di confine tra l'Italia e la Slovenia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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