"Se la metropolitana può garantire il trasporto disabili? Ritelefoni un'ora prima di spostarsi per averne certezza". Si è sentita risponde così Cecilia, la madre di Alessandro, un ragazzo tetraplegico di 18 anni costretto in carrozzina per una rara malattia genetica, da un dipendente dell'ATM. Dove? A Milano. Quando? Lo scorso venerdì 8 novembre, alle soglie del 2020.
Ebbene sì, nella città della fashion week, capitale del turismo italiano e centro nevralgico dell'economia avanguardista, la mobilità per le persone disabili sembra essere un miraggio. Una avventura tragicomica – attestante però una realtà a dir poco sconcertante, va precisato - quella che hanno vissuto i due protagonisti della vicenda, imbattutisi in una serie rocambolesca di peripezie da fare concorrenza al personaggio del Marcovaldo di Calvino.
Tutto ha inizio quando Cecilia, che vive a Borgo Sesia, in provincia di Vercelli, decide di fare un regalo "speciale" a suo figlio, appassionato di balletto ed opera classica, in occasione del diciottesimo compleanno. Vuole portarlo al Teatro alla Scala affinché possa assistere ad una rappresentazione sinfonica di Tchaikovsky. Così, entusiasta e speranzosa, pianifica il viaggio – o almeno, ci prova – dal tragitto di casa al cuore della città meneghina. L'idea iniziale è quella di muoversi con il Doblò a tetto rialzato che è solita utilizzare quando è in compagnia di Alessandro, necessitante di spazio per la carrozzina posturata. Quindi s'informa sulla possibilità di parcheggiare la vettura in qualche Silos poco distante del centro cittadino. Ma non ne trova neanche uno. La macchina di cui dispone supera le dimensioni massime consentite agli automezzi nei "car parking" gestiti dalla amministrazione locale. A quel punto, valuta l'opzione della metropolitana. La tratta è breve: dalla fermata di Lampugnano a quella del Duomo. Vattelapesca.
Al mattino, prima di partire, si accerta telefonicamente che il metrò possa garantire un trasporto agevole per i disabili, che sia provvisto di ascensore (funzionante) o sia dotato di un montascale per sedie a rotelle. Ed effettivamente, sembra essere tutto a norma. "Tuttavia, è sempre meglio che richiami un'ora prima di spostarsi", le dice un dipendente di ATM all'altro capo della cornetta. Cecilia è stranita da quella affermazione ma non fa alcuna obiezione. In seno al suggerimento ricevuto in fase di programmazione dello spostamento, richiama per ricevere conferme. Neanche a dirlo che, dal centralino, la informano di un "fuori servizio" (imprecisato) alla stazione in Duomo: "Ma prima di raggiungere la fermata – suggeriscono – può sempre telefonare perché magari abbiamo sistemato". Magari. Ma il fatto è che lo spettacolo termina pressapoco alle 23, e Cecilia non può avventurarsi alla sperandio, nel cuore della notte per giunta, con il figlio in carrozzina. Che fare, allora? Beh, dirà qualcuno, c'è sempre l'opzione taxi. Di male in peggio.
Decisa a portare a termine la sua missione – perché ormai, si è giunti ai livelli della sceneggiatura di "Mission Impossible" – contatta due compagnie locali. Il diniego assoluto. A quanto sembra, a Milano non esistono taxi dotati di rampa o, in ogni caso, in grado di garantire gli spostamenti da tarda serata per i disabili. Tant'è. Ma la mamma di Alessandro non è intenzionata a gettare la spugna, non intende privare il figlio del regalo per negligenza dell'amministrazione comunale. Così, si rivolge ad un servizio di trasporto privato ad hoc e, moneta sonante alla mano, finalmente riesce a trovare una soluzione che faccia al caso loro. L'odissea, però, non è ancora finita. Manca la ciliegina sulla torta.
Dopo varie peripezie, i due stoici protagonisti della vicenda approdano al Teatro alla Scala. Hanno preso due posti in platea per godere in tranquillità dello spettacolo. Forse. Quando raggiungono i posti assegnati altro non trovano che uno spazietto angusto tra un paio di poltrone ribaltabili. Ma la carrozzina di Alessandro non è di quelle richiudibili bensì è dotato di una posturale, fissa. E di certo non può incastrarsi tra le file ordinate di sedute. Dunque, il personale di accoglienza le suggerisce di sistemare il ragazzo "un po' di traverso", in prossimità del corridoio laterale. In buona sostanza, avrebbe dovuto guardare il concerto di sbieco. E, alla fine della fiera, è andata proprio così.
"Alessandro si è divertito lo stesso, per fortuna – racconta Cecilia –. Ma è assurdo che una città come Milano sia così cieca alla disabilità. L'abbiamo presa con filosofia provando ad adattarci alle circostanze. Non credo però sia normale tutto quello che ho vissuto. Ho dovuto pagare per spostarmi.
Ma chi non può cosa fa, non esce di casa? Io e la mia famiglia viaggiamo in tutto il mondo e non ci è mai capitata una situazione del genere, è la prima volta". E ci si augura, anche l'ultima dissaventura nella bellissima Milano. Che l'è semper un gran Milàn.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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