Modena, l'orrore del pakistano: stuprò, fece abortire e uccise la figlia

La giovane rimase incinta almeno in tre occasioni, in seguito alle quali fu fatta abortire dal padre con dei medicinali fatti arrivare direttamente dal Pakistan

Modena, l'orrore del pakistano: stuprò, fece abortire e uccise la figlia

È previsto a Modena per il prossimo martedì il processo che vedrà imputato Muhammad Riaz, l’uomo accusato di maltrattamenti, violenza sessuale e omicidio preterintenzionale ai danni della figlia Azka, deceduta lo scorso 24 febbraio 2018 a Trodica di Morrovalle.

Terribili le accuse nei confronti dello straniero, che tracciano il quadro di un vero e proprio incubo nel quale la 19enne era costretta a vivere quotidianamente sottostando ai suoi abusi ed alle sue violenze. Pur di salvare da quell’orco la sorella più piccola, Azka era riuscita a persuaderlo ad abusare solo di lei. A causa di quelle violenze sessuali, la giovane era addirittura rimasta incinta almeno in tre occasioni, a seguito delle quali fu costretta a subire degli aborti con medicinali che il padre si faceva spedire direttamente dal Pakistan. La 19enne, vittima di ripetute minacce e maltrattamenti, aveva addirittura rinunciato a proseguire con gli studi. Chiusa in casa, era ormai divenuta in tutto e per tutto la moglie di suo padre.

Azka ed i suoi tre fratelli non avevano mai avuto il coraggio di denunciare il mostro, troppa era la paura nei suoi confronti. Tuttavia lo scarso rendimento scolastico dei giovani ed un ricovero in ospedale della sorella più piccola, ferita al braccio dal padre durante un litigio, avevano destato l’attenzione dei servizi sociali. Gli operatori, infatti, si erano subito attivati per tutelare i ragazzi, facendo inquisire lo straniero per maltrattamenti. La 19enne, tuttavia, non è purtroppo riuscita a sottrarsi alla furia del genitore.

In seguito ad un provvedimento del tribunale di Modena, i figli più piccoli erano stati allontanati da quella casa degli orrori, ma la giovane, ormai maggiorenne, aveva deciso di restare.

È l’avvocato Paolo Carnevali, che oggi assiste i tre fratelli di Azka nel processo contro il padre-orco, a raccontare al “Resto del Carlino” il calvario vissuto dalla ragazza. La madre della giovane, rimasta in Pakistan, sapeva tutto, ma non avrebbe potuto far nulla. “Risulta che Azka passasse molto tempo parlando con la madre via Skype. A quanto sembra, la madre diceva ai figli che sarebbe arrivata lei e avrebbe rimesso le cose a posto”. Ma l’incubo non aveva vie d’uscita.“Il padre minacciava di divorziare se i figli non gli obbedivano, e alla sorella minore di Azka avevano combinato un matrimonio quando aveva 9 anni, in Pakistan, con un 45enne. La bambina era scappata, e quando era tornata a casa l’avevano picchiata. Le ragazze non avevano speranza di essere aiutate da qualcuno”.

Le molestie nei confronti delle due ragazze, in particolare nei confronti di Azka, erano cominciate quando le due erano ancora molto piccole, e si trovavano ancora in Pakistan.

Muhammad dal canto suo riferisce di avere solo dei ricordi confusi, per il fatto che all’epoca beveva molto. “I bambini però hanno confermato tutti. Anche i piccoli se ne erano accorti, uno aveva sentito le minacce ad Azka se si rifiutava di avere rapporti. Un altro li aveva visti dal buco della serratura, anche se le ragazze chiudevano la porta per cercare di non farsi scoprire”.

Azka voleva fuggire da quell’inferno, ad ogni costo.

“Diceva al padre che le aveva rovinato la vita. Voleva fuggire, sperava di poterlo fare con il ragazzo che aveva conosciuto su Facebook. Negli ultimi giorni prima di morire aveva iniziato a ribellarsi.

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