Quattro ragazzi minorenni e un diciottenne sono stati denunciati a Rimini per gli attacchi incendiari contro la sede di un centro per migranti lo scorso 28 ottobre. Dalle prime ricostruzioni, però, potrebbe sembrare che non si sia trattato di un attacco a sfondo razzista ma piuttosto di una "semplice" bravata.
I carabinieri della città sulla riviera adriatica hanno individuato le identità di chi, nella notte fra il 27 e il 28 ottobre, piazzò due molotov (poi inesplose) davanti al portone della cooperativa "Centofiori", nella frazione Spadarolo. Gli stessi, con ogni probabilità, che tre giorni più tardi fecero esplodere una bomba carta che danneggiò il portone.
Si tratterebbe di cinque giovani di età compresa fra i 16 e i 18 anni. Ragazzi che, una volta interrogati dai militari dell'Arma, non hanno saputo fornire non solo un motivo valido per giustificare le proprie azioni, che sarebbero comunque ingiustificabili, ma nemmeno un movente plausibile.
Perdono così di forza le ricostruzioni di quanti, in un primo momento, avevano parlato di un doppio attacco razzista. Parrebbe infatti, racconta Rimini Today, che quella di fronte al centro migranti non sia stata l'unica esplosione a portare la loro firma.
I carabinieri sono risaliti alla loro identità grazie a un pezzo di stoffa rinvenuto su una delle molotov inesplosa: tessuto che poi si è rivelato provenire dalle tovaglie di un locale di proprietà del padre di uno dei ragazzini fermati.
Che, interrogati dagli inquirenti, ha ammesso di aver preso parte al raid vandalico.Ora i cinque dovranno rispondere delle accuse di danneggiamento, fabbricazione e detenzione di materiale esplodente.
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