Nemici del lavoro e dell'economia

Lo scontro di queste ore in materia di blocco dei licenziamenti mostra come una parte rilevante della classe dirigente italiana (politici e soprattutto sindacalisti) non sappia cogliere taluni elementi cruciali delle dinamiche economiche.

Nemici del lavoro e dell'economia

Lo scontro di queste ore in materia di blocco dei licenziamenti mostra come una parte rilevante della classe dirigente italiana (politici e soprattutto sindacalisti) non sappia cogliere taluni elementi cruciali delle dinamiche economiche, oppure il che sarebbe perfino peggio comprenda tutto, ma sia dominata da un cinismo demagogico che penalizza soprattutto i più deboli.

Se un'azienda vuole licenziare alcuni addetti questo si deve al fatto che, per le ragioni più diverse, solo con meno lavoratori ritiene di poter reggere alle sfide del mercato. Questo può accadere sempre, ma specie dopo un anno e mezzo di misure emergenziali che hanno visto interi comparti subire decisioni politiche draconiane, che hanno tolto loro la possibilità di intraprendere. Chi ora pretendesse di tenere in vita il blocco dei licenziamenti sarebbe di fronte a un bivio: da una parte potrebbe caricare questa funzione «assistenziale» sull'impresa in difficoltà (la quale vedrebbe ancor più aggravata la situazione e potrebbe perfino essere costretta a fallire), dall'altra potrebbe scegliere di far sopportare i costi ai contribuenti, penalizzando le imprese ancora efficienti e produttive.

Recuperando la lezione di Frédéric Bastiat, i lavoratori che ora rischiano di perdere il posto sono «ciò che si vede». I lavoratori che non lo troveranno anche a causa del blocco dei licenziamenti e delle politiche assistenziali connesse sono «ciò che non si vede».

E cosa c'è allora di più demagogico di prendere la parte di mille lavoratori «visibili» che potrebbero rimanere a casa, anche se questo causerà la disoccupazione di duemila lavoratori «invisibili»?

Dobbiamo poi prendere atto che, a causa della pandemia, vari settori sono oggi molto meno efficienti. Questo vuole dire, in parole semplici, che siamo tutti più poveri e che è indispensabile un riallineamento dei prezzi: anche sul mercato del lavoro. Ciò è particolarmente vero dove la disoccupazione è maggiore, e cioè al Sud. L'alternativa a tutto questo è un ingessamento del mercato che, nel breve termine, può forse tutelare chi ha già un posto, ma solo scaricando le conseguenze più negative su giovani, donne e immigrati.

La nostra economia deve ora ripartire.

Per farlo c'è bisogno che tutti abbiano presenti i fondamentali dell'economia (perché la realtà non coincide con i sogni) e sappiano agire in modo responsabile.

Se i sindacati, per mero calcolo opportunistico, continueranno a sventolare bandiere demagogiche e a proporre soluzioni semplicistiche sganciate dalla realtà, a pagarne il prezzo più caro saranno proprio gli ultimi.

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