“Il mio nome è Rudy Hermann Guede. Proprio così: Guede. Pronunciato come si scrive. Non Ghede, tantomeno Ghedé. Ne convengo: nella Costa d’Avorio francofona - dove sono nato - quest’ultima è la pronuncia in uso. Ma non è la mia. Io sono cresciuto in Italia, nei dintorni di Perugia. E per me quella che conta, quella che mi ha formato, quella a cui sento di appartenere, è la cultura italiana, con la sua lingua. È così che sono sempre stato chiamato in questo Paese ed è così che mi sento io: Guede, non Ghedé. Io sono Rudy Guede”.
Dopo una prefazione in cui accenna al periodo di semilibertà, ai suoi sogni e soprattutto al concetto generale, filosofico, di libertà, Rudy Guede racconta la sua storia. “La mia storia” è in effetti il sottotitolo del suo libro "Il beneficio del dubbio", uscito per Augh-Khorakanhè Edizioni e scritto con il giornalista di Tv2000 Pierluigi Vito.
E la storia di Guede è inevitabilmente quella di una morte: il 2 novembre 2007, la studentessa britannica Meredith Kercher fu trovata uccisa nel suo appartamento a Perugia. Accusato di concorso in omicidio e violenza sessuale, Guede fu condannato e, avendo scontato la sua pena, dal novembre 2021 è definitivamente libero. Il suo libro oggi apre uno squarcio su interrogativi che non hanno mai ricevuto una risposta e al tempo stesso aggiunge nuovi tasselli a quel caso di cronaca nera che passerà alla storia come il delitto di Perugia.
Una versione differente sul delitto di Perugia
“Ho avuto un approccio sessuale con Meredith, sono andato al bagno, ho cercato di fermare il sangue che le usciva dal collo... E tutto questo per dire che non sono l’assassino, ma sono solo colpevole di concorso in omicidio. Con chi? Nelle sentenze a mio carico c’è scritto con Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Che però sono stati assolti. Allora io con chi ho concorso?”. È uno degli interrogativi che Rudy Guede si pone nel suo scritto, con un linguaggio tanto ingenuo da rivelarsi reale, tangibile.
Rudy ripete la sua versione: era con Meredith, avevano fatto petting, poi si erano fermati per assenza di un preservativo. Il giovane di origine ivoriana era poi andato in bagno, per abitudine con l’iPod nelle orecchie, finché non ha sentito la giovane britannica urlare. Ed è corso da lei, cercando di fermare come poteva il sangue. Ha poi visto un uomo con un bisturi, ha visto Amanda Knox e una figura maschile sul vialetto di casa che dicevano: “Andiamo via che c’è un negro”. E alla fine è scappato anche lui.
E anche se l’opinione pubblica non ha creduto totalmente e completamente a questa versione, la questione del concorso in omicidio è apparsa sempre oscura. Posto che Sollecito e Knox sono stati assolti, chi ha ucciso Meredith? Chi avrebbe agito, secondo la giustizia italiana, in concorso con Guede? Ancora oggi ci sono degli elementi misteriosi che attanagliano questa vicenda. In cui c’è una vittima. E i genitori di una vittima che hanno operato sempre con estrema dignità.
Il ritorno della centralità della vittima
Tra le tante polemiche che ad anni di distanza affollano le cronache italiane, ci sono le affermazioni, via intervista o su Twitter, di Amanda Knox. Quello che l’opinione pubblica maggiormente le contesta è di non menzionare mai Meredith.
Meredith Kercher è morta, in un modo senza senso, brutale. Ma proprio per questo merita di essere menzionata, ricordata. È quello che fa Guede nel suo libro. Non bisogna arrivare tanto in là, anche se la narrazione è fondamentalmente cronologica: Rudy parla già di Meredith a pagina 14. Anzi parla di Mez, quella coetanea dolce dai modi gentili che aveva già baciato, che desiderava incontrare. Guede ha per lei solo parole di tenerezza, e anche se questo non cancella una verità giudiziaria, è comunque bello leggere di lei.
Meredith, nelle parole di Rudy, è esattamente come gli italiani se la sono sempre immaginata. È molto educata, ogni tanto forse indulge in qualche piccolo vizio giovanile ma non troppo, perché è sempre misurata, presente, rigorosa, perbene. È come in quella foto in cui sorride e le ridono anche gli occhi. Era solo una ventenne in cui è capitata, suo malgrado, una morte iniqua.
Rudy Guede contro la stampa
Guede non si scaglia mai contro Knox o Sollecito. Pone delle domande, parla di Amanda come fantasia erotica di tanti ragazzi lui compreso, ma non ha giudizi lapidari nei loro confronti. Anche perché, appunto, il suo libro è la sua storia. E nella sua storia c’è un controverso rapporto con la stampa, soprattutto quella italiana, che l’ha presentato spesso come un ladro e uno spacciatore, per via di un bizzarro episodio occorso tempo prima: Guede fu trovato a dormire in una scuola per l’infanzia, sorpreso dalla dirigente scolastica che allertò le forze dell’ordine. Il fatto che quella storia fu completamente chiarita risulta anche agli atti: al momento del processo di Perugia, Guede era infatti incensurato.
Le voci notevoli che completano il quadro
È chiaro che, come Giulio Cesare nel De Bello Civili, Guede faccia apologia di se stesso, si giustifichi nell’aver lasciato l’Italia alla volta della Germania dopo il delitto di Perugia, nel voler negare l’orrore avuto negli occhi quella notte. Ma la cosa molto interessante de “Il beneficio del dubbio” sono le testimonianze che si susseguono a corredo della sua versione.
Ci sono persone che a vario titolo hanno fatto parte della sua vita: insegnanti, volontari per il reinserimento dei carcerati nella vita civile, ma anche il pubblico ministero del processo di Perugia Giuliano Mignini o il criminologo Claudio Mariani.
“Non mi tolgo dalla testa l’idea - scrive Mignini - che tu avessi un debole per Amanda e che la sua figura all’inizio soggiogasse la tua volontà di ricostruire l’accaduto. Un sentimento che lottava con la compassione che provavi per la fine di Meredith, che nelle tue parole hai sempre elogiato. Anche se, benedetto ragazzo, te ne sei andato in discoteca coi tuoi amici la notte del delitto, dopo averla lasciata in una pozza di sangue! E se ti ricordi, negli interrogatori ho cercato di farti presente l’assurdità di un comportamento del genere. In momenti come quelli mi rendevo ben conto di avere davanti un ragazzo che aveva fatto scelte sbagliate, traviato dai casi della vita e senza le spalle coperte”.
Qualunque cosa sia accaduta, ovvero che si creda oppure no alla verità processuale (e l’opinione pubblica negli anni si è sempre mostrata molto perplessa sul caso), c’è un fatto: Guede ha pagato con il carcere ma ora è un uomo libero. L’impressione che percorre il libro è che Rudy si sia trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.
“L’unico dato certo che ha inchiodato Rudy come unico colpevole di questa triste storia - conclude infatti Mariani - è la sua presenza sul luogo del delitto da lui stesso sempre dichiarata e mai nascosta”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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