La nostalgia dell'assembramento

L'uomo tornerà infine ad essere il padrone del mondo e l'ambiente che gli sta attorno dovrà retrocedere quei pochi centimetri che nell'ultimo anno si era riconquistato. Fino al prossimo, invisibile virus

La nostalgia dell'assembramento

È possibile una visione alternativa all’ambientalismo liberal rappresentato da Greta Thunberg? La risposta è ovviamente sì. La rivista Nazione Futura è da poco uscita con un numero speciale sul Conservatorismo verde (clicca qui). All'interno sono raccolti importanti contributi dal mondo della cultura, del giornalismo, dell’economia, della Chiesa e della politica. Per gentile concessione dell'editore Giubilei Regnani pubblichiamo l'articolo di Andrea Indini su come il Covid-19 ha inciso sul tema dell'ambiente.

Rinchiusi. L'effetto claustrofobico degli appartamenti, che da argine al virus maledetto si sono lentamente trasformati in bastioni ansiogeni, preme contro il petto degli italiani. Gli spazi si sono ridotti. E il cielo, in molte giornate, è soltanto una porzione di visuale filtrata dai vetri opachi che, con l'accumularsi delle incombenze domestiche, non vengono più passati con lo straccio bagnato. I metriquadrati sono spesso divorati dal disordine e i cavi che portano internet e corrente elettrica a dispositivi che non sono mai abbastanza serpeggiano (neri) ovunque. Computer, tablet, smartphone, modem, extender e dispositivi che reagiscono al vociare umano. Sembra di essere piombati nelle pagine di un manga che predice un futuro distopico in balia dell'intelligenza artificiale. Solo che quel futuro è ora. E, mentre là fuori la natura si riprende i propri spazi e i tassi di inquinamento scendono sotto le soglie, che generalmente scatenano travasi di bile negli ambientalisti rossi, l'uomo rinchiuso in casa riscopre l'importanza della libertà.

Non è stato così sin dall'inizio. Quando le città si sono svuotate, quando cioè il Covid-19 ha iniziato a far schizzare all'insù le curve dei contagi e dei decessi e il premier Giuseppe Conte ha deciso di blindare prima il Nord Italia e poi l'intero Paese, la maggior parte delle persone, terrorizzate da un virus sconosciuto che, arrivato da un impronunciabile mercato cinese dove si macellava carni di ogni genere, fa morire chi se lo prende schiacciandogli i polmoni fino a non farci entrare più nemmeno un alito d'ossigeno, si è sentita protetta dalla propria casa come in un bozzolo candido e delicato. E, chiusa dentro le mura domestiche, ha riscoperto la centralità della famiglia e il calore del focolare, benedicendo lo smart working e sfruttando al meglio ogni singolo momento della giornata. Niente più levatacce al mattino per andare a stiparsi in mezzi pubblici vecchi e maleodoranti. Niente più corse a vestire i figli per scarrozzarli a scuola in una eterna corsa contro il tempo. E ancora: il piacere di una semplice pausa pranzo con (magari) la possibilità di concedersi qualche minuto di relax sul divano a decongestionare. L'azzeramento totale della frenesia: niente più frenesie, niente più ritardi. È stata forse questa la cifra distintiva della "fase 1"? L'inverno non aveva ancora lasciato lo spazio alla primavera, le giornate erano corte e fredde e non si sentiva ancora addosso la sconfitta di trascorrere l'intera giornata senza mai uscire da quei (pochi) metriquadrati per i quali la maggior delle persone vedono le banche “ciucciargli” via ogni mese una fetta considerevole dello stipendio. Ad un tratto la sottoscrizione di un mutuo onerose a tassi da usura ci è sembrato un buon investimento. Si era addirittura felici di pagare l'affitto. Chi non aveva mai messo piede sul balcone, perché troppo piccolo, ha iniziato a scopre il piacere di farlo. Non tanto per cantare Celentano. Una sedia o un tavolino erano quel tanto che bastava per bere un caffè col naso all’aria aperta o sorseggiare un bicchiere di vino rosso quando, chiudendo il portatile, si era deciso che il lavoro era finito.

Fuori era la desolazione. Città come Milano, che un tempo erano rumorose e caotiche, si sono azzerate in un silenzio drammatico. L'estenuante vuoto che si era creato tra le vie del centro, raramente attraversate da esseri viventi, ricordava l'epidemia di morti viventi raccontata dalla fortunata serie tivù The walking dead. Nessuno usciva di casa. Non tanto per paura delle multe salate disposte dal governo, quanto piuttosto dalla terrore di prendersi un virus incurabile che, stando agli allarmismi dei virologi che nel frattempo avevano preso ad occupare i salotti televisivi, poteva passare anche toccando superfici infette (solo più avanti gli studi scientifici dimostreranno che si tratta di un'eventualità alquanto remota e statisticamente insignificante). Chi lo faceva era visto come un appestato o un possibile untore. Nelle strade deserte soltanto i supermercati e le farmacie resistevano. Le lunghe file che si snodavano all'uscita erano la prova di una società in ritirata. Persino le chiese avevano chiuso i battenti. Dai sagrati erano spariti fedeli e questuanti. Canti e preghiere non si levavano più in cielo. E persino papa Francesco, alla fine, aveva acconsentito a celebrare il Venerdì Santo in solitudine davanti a San Pietro. Le nuvole plumbee sopra di lui, i marmi freddi tutti intorno e quel silenzio della piazza vuota che lungo via della Conciliazione si è diramato poi potente in tutte le vie della Capitale. Le sue parole erano entrate nelle case degli italiani attraverso i televisori accesi. E molti, in quel pomeriggio sordo, si erano interrogati sul lento incedere del Santo Padre verso l'altare della basilica.

L'avvicinarsi dell'estate (e l'allentamento del lockdown) ha finalmente riaperto le nostre case. Gli spazi si sono fatti meno claustrofobici. Chi poteva permetterselo, ha benedetto l'investimento fatto in una seconda casa al mare o in montagna. Le città hanno ripreso a vivere, ma si sono lentamente svuotate. Si è trattata di una vera e propria fuga: non caotica come quella che, nella notte delle bozze pasticciate da Palazzo Chigi, aveva spinto i fuorisede nelle stazioni ferroviarie del Nord Italia per salire sull'ultimo treno diretto al Sud. La dad del ministro dell'Istruzione Lucia Azzolina era già un conclamato fallimento e, dando il via libera al prolungamento dello smart working fino alla fine dell'anno, il governo ha di fatto concretizzato la possibilità di una "vacanza" di tre mesi. Virgolette d'obbligo perché le nuove modalità di lavoro hanno cambiamo drasticamente la reperibilità di chi era abituato a scandire la propria giornata col badge in entrata e il badge in uscita. Il cellulare ha preso a squillare a qualsiasi ora, mentre i lavoratori-da-salotto sono finiti nel vortice di inutili call che, fissate anche in momenti improbabili, hanno a poco a poco assunto durate da Guinness dei primati. Più ci riappropriavamo dei nostri (piccoli) spazi, più ci accorgevamo che perdevamo il nostro tempo. Ma poco importava: i ristoranti e i negozi riaprivano, la normalità sembrava tornata a portata di mano e, nonostante i ristori del Conte bis fossero un’elemosina insufficiente a far fronte a mesi di lockdown totale e la cassa integrazione affliggeva una buona fetta della popolazione, si sperava che il Sistema Italia potesse (anche se lentamente) riprendere a correre. Certo, le distanze continuavano ad essere siderali: i cieli difficilmente venivano solcati da voli intercontinentali e persino i tragitti delle auto erano nell’ordine di poche decine di chilometri. Le soglie di inquinamento continuavano a scendere facendo ben sperare quegli scienziati che ancora oggi collegano la circolazione del Covid-19 ai livelli fuori norma di PM10 (ipotesi che deve essere tuttavia confermata). E le ferie erano diventate (quasi) a chilometro zero. In molti hanno così (ri)scoperto le bellezze di un Paese, l'Italia, che non ha eguali in tutto il mondo e che purtroppo la politica fatica ancora oggi a valorizzare. Il cielo, e questo è un dato di fatto, non era stato mai tanto terso e l'aria così pulita.

Oggi ci prepariamo a un'altra estate con le restrizioni imposte dalle norme contro il Covid-19. A differenza dell'anno scorso abbiamo un'arma in più: una lunga lista di vaccini che dovrebbero proteggerci dal virus. Per il resto le preoccupazioni e i timori sono stati sostituiti dalla frustrazione (tantissima frustrazione) e dall'incapacità di pensare un immediato futuro di libertà. Il lockdown totale ha lasciato spazio alle Regioni colorate. Ma il semaforo giallo-arancione-rosso ideato dal ministero della Salute non sembra preoccupare troppo gli italiani che si sono limitati a imparare a gestire la propria vita sulla base di continue aperture e chiusure. In una fisarmonica snervante gli spazi si aprono e si chiudono ciclicamente. E, se prima scatenava accese polemiche, adesso l’indignazione per gli assembramenti nelle vie della movida o dello shopping lascia il tempo che trova. Così, mentre i virologi-star discettano sulla fine di una pandemia che in poche settimane ha rivoluzionato le nostre esistenze e ridotto i nostri spazi vitali, il mondo ci appare sempre più vasto. Il virus ha annientato i viaggi low cost. Nulla è più a portata di tutti. Il turismo di massa è in stand by. Prima o poi riprenderà. Esattamente come riapriranno i parchi divertimento, che oggi sembrano solitarie cattedrali nel deserto. Torneremo ad affollare i centri commerciali, le discoteche e i cinema.

Riprenderemo ad ammassarci nei negozi in occasione del black friday o a farci trascinare dall'onda di un concerto. L'uomo tornerà infine ad essere il padrone del mondo e l'ambiente che gli sta attorno dovrà retrocedere quei pochi centimetri che nell'ultimo anno si era riconquistato. Fino al prossimo, invisibile virus.

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