La droga, i problemi familiari e la dura realtà del quartiere San Rocco di Monza dove sono cresciuti i due 16enni che, nella mattinata di ieri, sono stati condannati per l'omicidio di un pusher. Un delitto "operato in assenza di capacità criticheper obnubilamento mentale, indotto dall'uso continuativo di sostanze psicotrope a grave tasso di incidenza in riferimento alla qualità, quantità e all'età dei due soggetti compromessi", hanno messo nero su bianco i giudici della Corte d'Appello dei minori nelle motivazioni a margine della sentenza.
L'omicidio
Il delitto risale al 29 novembre 2020, a Monza. I due ragazzini, al tempo entrambi quattordicenni, uccisero con una trentina di coltellate Cristian Sebastiano, 42 anni, per 5 grammi di cocaina. L'uomo fu lasciato esanime sotto i portici delle case popolari di via Fiume e rapinato dello stupefacente che aveva in tasca. Secondo l'avvocato Maurzio Bono, difensore dei due minorenni, l'omicidio sarebbe stato viziato dall'uso continuativo di droga che avrebbe compromesso le facoltà mentali dei suoi assistiti. La Corte, pur riconoscendo le attenuanti del caso, ha deciso di condannare R. a 15 anni e S a 14 anni e 4 mesi di reclusione. Intanto a Monza pende davanti alla Corte d'Assise il processo a carico di Giovanni Gambino, 43 anni, accusato di essere stato istigatore e concorrente morale dell'omicidio per via di alcuni dissidi con la vittima, noto puser del rione San Rocco.
Il racconto
I due sedicenni ricordano poco e nulla di quella tragica mattinata. "Mi hanno detto che ho dato 30 colpi, ma io ne ricordo solo 3 o 4. Ho iniziato non so come a dagli una pugnalata all'altezza del fegato. Avevo in mente di rapinarlo, ma avevo già voglia di ucciderlo e quando l'ho visto...", ha raccontato R. spiegando di "odiare" la vittima poiché lo avrebbe trascinato nel tunnel delle droghe pesanti. "Ce l'avevo con lui perché mi aveva riportato alla cocaina che già conoscevo. - ha aggiunto - Spacciava anche eroina e S. la usava, non volevo che lo facesse perché la coca trasforma le persone, ma meno dell'eroina. Ho tanti amici andati in overdose. Quando ero piccolo gli eroinomani li vedevo stesi in un sottopassaggio".
La detenzione
Nelle motivazioni della sentenza di primo grado, i giudici avevano evidenziato come i due giovanissimi imputati non avessero "mai speso una parola di rammarico per la vittima e i suoi familiari". Oggi sono reclusi in due istituti penali diversi, tra Lombardia e Toscana. Stando a quanto riferisce il giornalista Federico Berni, nell'articolo per il Corriere della Sera, entrambi avrebbero ancora problemi derivanti dall'abuso continuativo di droga. Ma per il recupero ci sono buone speranze. S. disegna, scrive testi rap e sogna di fare il tatuatore. R.
frequenta la scuola alberghiera e vuole diventare un cuoco. "ll carcere non è un problema. - dice - Fuori è il problema, a Monza mi vogliono morto". S. intende riscattarsi: "Voglio riscattarmi. Si può dire questa parola?".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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