Non è una scelta nominalistica ma di sostanza: San Giuseppe, per la Chiesa cattolica, ora è anche "protettore degli esuli". L'interpretazione di papa Francesco ha lasciato il segno. Per il Santo Padre, Giuseppe è sempre stato "Patris Corde", con cuore di padre. Una figura cui ispirarsi, per apprendere la semplicità ma pure i doveri della cristianità. Misericordia è forse la parola che descrive meglio il ruolo che San Giuseppe ha svolto nella vicenda terrena del Cristo. L'esegesi di questo successore di Pietro guarda in direzione di quella virtù.
Il vescovo di Roma ha sintetizzato la sua visione nel dicembre scorso, quando ha dichiarato che "San Giuseppe non può non essere il Custode della Chiesa, perché la Chiesa è il prolungamento del Corpo di Cristo nella storia, e nello stesso tempo nella maternità della Chiesa è adombrata la maternità di Maria", così come riporta la Sir.
Esuli però fa rima con migranti. Se c'è un tratto distintivo di questo pontificato, quello è l'estensione del diritto all'accoglienza erga omnes. Conosciamo le critiche pervenute da destra. Gli esuli sono i senza patria per antonomasia. Coloro che per il primo vescovo di Roma gesuita andrebbero accolti senza se e senza ma. Anzi, esule è soprattutto chi è costretto alla lontananza dalla sua nazione d'origine. Chi cerca rifugio. Dalle "periferie economico-esistenziali", tanto care al regnante, oggi si scappa per la speranza (altra parola chiave della pastorale bergogliana) di un futuro migliore.
Le litanie per San Giuseppe, "patrono degli esuli", divengono tanto simboliche quanto significative per la contemporaneità: "Nel centocinquantesimo anniversario della dichiarazione di San Giuseppe quale patrono della Chiesa universale, il Santo Padre Francesco ha reso nota la Lettera Apostolica Patris corde - ha fatto sapere Arthur Roche, segretario della Congregazione per il Culto Divino e della Disciplina dei sacramenti, stando pure a quanto ripercorso dall'Agi - , con l'intento di accrescere l'amore verso questo grande Santo, per essere spinti a implorare la sua intercessione e per imitare le sue virtù e il suo slancio". Si tratta dell'ennesima avvertenza dell'ex arcivescovo di Buenos Aires per il mondo che verrà.
Imitare San Giuseppe è un atteggiamento che Francesco ha richiamato spesso in questi otto anni sul soglio di Pietro. San Giuseppe non è il protagonista della cristologia, ma è un modello raggiungibile. Questo, almeno, è quanto sembra pensare il pontefice argentino. Chi rivendica l'obbligatorietà di una patria, di un luogo d'origine, potrà non essere concorde. Quando il Papa ha accostato i migranti alla fuga dall'Egitto della Sacra Famiglia si è levato un coro di voci scandalizzate.
La regalità familiare, il "prossimo" che non andrebbe cercato così lontano ed il concetto stesso di fuga che avrebbe poco a che fare con il migrare: critiche note, con radici nel tradizionalismo cosiddetto e nella dottrina. Ma il pensiero del Papa è noto, differisce dal conservatorismo alla occidentale maniera e guarda con favore all'universalità di un messaggio che possa abbracciare più popoli e più culture.
La Chiesa cattolica procede per la sua strada: "In questa luce - ha aggiunto Roche - è parso opportuno aggiornare le Litanie in onore di San Giuseppe, approvate nel 1909 dalla Sede Apostolica, integrandovi sette invocazioni attinte dagli interventi dei Papi che hanno riflettuto su aspetti della figura del Patrono della Chiesa universale". Non è lessico ma materia che entra di diritto nella concezione di ogni ambiente ecclesiastico, che è chiamato ad adeguarsi.
I migranti fanno parte del futuro tanto quanto gli esuli, e Francesco su questo aspetto non è disposto a tornare indietro. Ci sarà chi, come di consueto, userà storcere il naso. Diceva Joseph Ratzinger che la Chiesa non è una democrazia ed è un assunto buono pure per i tempi odierni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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