Quante volte papa Francesco ha lanciato appelli in favore dei migranti nel corso di questi primi sette anni di pontificato? In alcune circostanze, Jorge Mario Bergoglio ha parlato di gestione dei fenomeni migratori in senso "aperturista" per più giorni, all'interno della stessa settimana. Le medie riguardanti queste occasioni, per via delle tante volte in cui un pontefice si eprime in pubblico o no, con dichiarazioni o commenti ufficiali o no, sono difficili da calcolare ma, nel caso in oggetto della tutela dei migranti e dunque della neccessità della loro accoglienza, per Jorge Mario Bergoglio sono alte. Coloro che cercano rifugio sulle nostre coste, provenendo da quelle che il Santo Padre chiama "periferie economico-esistenziali", abitano certamente nel cuore della pastorale dell'argentino.
L'ultimo monito è arrivato nel corso di un incontro con i primi cittadini delle realtà italiane più interessate dal fenomeno degli sbarchi, con Lampedusa ed il suo sindaco in prima linea: "...nessuno può rimanere indifferente alle tragedie umane che continuano a consumarsi in diverse regioni del mondo", ha detto il pontefice argentino, che poi ha continuato: "Lo scenario migratorio attuale è complesso e spesso presenta risvolti drammatici. Le interdipendenze globali che determinano i flussi migratori sono da studiare e capire meglio". E ancora, il niet: "Non accettiamo mai che chi cerca speranza per mare muoia senza ricevere soccorso". Sono argomentazioni che l'ex arcivescovo di Buenos Aires usa presentare sin da poco dopo l'elezione al Conclave. Una pastorale - quella di Francesco - che non è monopolizzata dal tema dei migranti, ma che certo riserva ai diritti di quest'ultimi uno spazio esteso.
I cattolici conservatori vorrebbero che la Chiesa cattolica si occupasse più di spiritualità e meno di questioni che attengono alla politica. Anche la gestione dei fenomeni migratori farebbe parte del paniere di competenza del legislatore. A questa argomentazione, si ribatte di consueto con gli insegnamenti del Vangelo. O almeno una larga fetta di base cattolica usa quella "difesa". Ma non basta: i tradizionalisti continuano a criticare Francesco per la continuità con cui questo tema viene posto. Nel 2019, Bergoglio ha lanciato una quarantina di appelli in metà anno. Giusto per fare un esempio. Poi c'è la macro-questione del "diritto a emigrare": la destra ecclesiastica si è schierata con Joseph Ratzinger e con il suo "diritto a non emigrare". Benedetto XVI non è stato un papa sovranista, ma Ratzinger non poneva il tema dei migranti con la stessa cadenza con cui lo pone Francesco. Anzi, l'emerito durante il suo pontificato, ha spiegato come, in primis, debbano essere garantite le condizioni affinché una persona possa restare, e lavorare, nella propria patria. Una differenza che i conservatori non fanno fatica a sottolineare, mentre i progressisti rimarcano come la tipologia pastorale di Bergoglio sia prossima agli "ultimi", com'è peraltro proprio dell'Ecclesia. Lo scontro tra gli "schieramenti" non è relativo soltanto a questo ambito, ma attorno alla linea del vescovo di Roma sui migranti ruota parte della dialettica contemporanea degli ambienti culturali, politici e comunicativi, siano essi ecclesiastici o no.
Perché Bergoglio parla sempre di migranti
Come mai la pastorale del vertice universale della Chiesa cattolica è così centrata su chi arriva in Occidente dalle "periferie economico-esistenziali"? Molti addetti ai lavori, in questi anni, hanno provato a fornire delle spiegazioni. Gli ambienti culturali della sinistra politica sono rimasti sorpresi: non si aspettavano di poter contare su un "alleato" così importante. E tanti radical chic hanno iniziato a simpatizzare per il primo pontefice sudamericano della storia. Ma Bergoglio è davvero di sinistra? Le letture divergono. C'è pure chi afferma che Francesco è un populista di sinistra. L'antropologo Roberto Libera, interpellato di recente da ilGiornale.it, ha allontanato qualunque etichetta ideologica associata al vescovo di Roma, ricordando la centralità del Vaticano II: "Uno dei motivi dell’apertura “a sinistra” che sembrava scaturire dalle decisioni conciliari era anche quello di conquistare degli spazi nel mondo del proletariato dominato dalle rivendicazioni comuniste. Ma vorrei chiudere con due riflessioni, a proposito dell’entusiasmo da parte progressista verso l’attuale pontefice, la prima è che in realtà le attenzioni verso i più deboli, i sofferenti, i diversi, sono parte integrante e imprescindibile dell’opera del Cristianesimo, fin dalle sue origini, anzi, costituiscono il messaggio rivoluzionario del Cristo stesso, questo avveniva qualche millennio prima della nascita dell’ideologia marxista; infine, mi permetto di affermare che sbagliano quanti sono soliti attribuire appartenenze di “destra” o di “sinistra” ai pontefici, la Chiesa opera su piani molto distanti da quelli politici, la sua visione del mondo deve essere, necessariamente, altra e alta rispetto alle contingenze della politica", ha dichiarato l'antropologo. Bergoglio, insomma, parlerebbe spesso di migranti per via di quanto scritto sul Vangelo.
La Chiesa cattolica ha aderito al "migrantismo"?
Da parte tradizionalista, d'altro canto, sollevano polemiche per via della presunta adesione ad un'ideologia: il cosiddetto "migrazionismo" o "migrantismo". La dottrina che vorrebbe ogni muro abbatutto ed ogni frontiera divelta, in funzione di un globo terrestre non più basato sui confini. Nella interpretazione del maestro Aurelio Porfiri, cui ci siamo rivolti per dipanare i dubbi sul presunto "migrazionismo" della Chiesa contemporanea, qualche problema sembra persistere: " I fenomeni migratori sono certamente parte del cammino dell’umanità. Quello che dobbiamo chiederci se essi siano accettabili quando passano una certa misura, quando vanno a scontrarsi con difficoltà già presenti nei luoghi d’arrivo. E non tutte le migrazioni sono uguali. Roger Scruton diceva che “non tutte le culture sono tutte ugualmente da lodare e che non con tutte si può convivere pacificamente a fianco a fianco”. Poi arriva la fotografia del momento: "Questa consapevolezza mi sembra assente in alcuni settori della Chiesa attuale, per via di alcune “parole d’ordine” che con la scusa del Concilio vengono propalate a ogni piè sospinto e di cui parlo nel libro scritto con Aldo Maria Valli “Decadenza”, a cui rimando". Il "migrantismo", insomma, farebbe rima con il multiculturalismo. E il Vaticano II non basterebbe a giustificare certe tendenze, che non sarebbero proprie del pontefice, bensì di "alcuni settori". Questo, almeno, secondo l'opinione di Porfiri che, oltre ad essere un compositore ed un maestro di coro, è anche un editore ed un autore.
La vicinanza della Chiesa di Bergoglio alle Ong
"Muri" e "confini" non piacciono all'ex arcivescovo di Buenos Aires, che preferisce un mondo aperto. La nave di Sea Eye sostenuta dalla Chiesa cattolica è forse il simbolo più evidente: il "popolo" delle Ong è parte integrante del "popolo di Francesco". Ma di casi simili ce ne sono stati altri. Come quello della donazione del cardinale teutonico Reinhard Marx. La "Chiesa in uscita" promossa da Jorge Mario Bergoglio è tanto vicina alle Ong pro migranti da essere accusata di essere diventata a sua volta qualcosa di simile ad una Ong. Del resto, il pontificato di Francesco è quello dei migranti. Diventa legittimo domandarsi il perché filosofico di questa spinta. Il professor Renato Cristin, professore di ermeneutica filosofica all'Università di Trieste, non ha dubbi: "Bergoglio ha portato in Europa la visione anti-occidentale della teologia della liberazione, che ha come obiettivi socio-politici la distruzione di quello che essa chiama "l’uomo nord-atlantico" e la creazione dell’uomo nuovo. E i migranti oggi sono funzionali a questo obiettivo, sia perché permettono la sostituzione dell’uomo europeo sia perché rappresentano il concetto di povertà, che è il principale cardine teologico-politico di Bergoglio. L’avversione bergogliana al sistema capitalistico trova infatti nei migranti una sponda non solo simbolica ma anche operativa". E il processo di trasformazione della Chiesa in una Ong a che punto è? Il professor Cristin ci racconta di come sia già avvenuto: "Con Bergoglio, la Chiesa è già diventata una Ong: una trasformazione coerente con la logica di una "Chiesa povera per i poveri"". E la "base"? Perché molti reagiscono con scontentezza? "Ovvio che la gran parte dei fedeli, in Italia e in Europa, si senta a disagio in questa situazione imposta da Bergoglio, e la stessa sensazione prova una parte non marginale del clero, al punto che in un paese di radicata tradizione cattolica come la Polonia, fedeli e clero hanno sui migranti una posizione opposta: chiusura totale, perché vedono nell’accoglienza indiscriminata l’inizio della distruzione della civiltà europea", ha concluso Cristin.
Chi ha occupato spazi "grazie" a questo pontificato
Non si tratta soltanto di messaggi scagliati contro la cattiva distribuzione delle risorse, che sarebbe dovuta alla presunta ed altrettanto cattiva gestione dei processi legati alla globalizzazione, ma anche di disegnare il futuro del cattolicesimo sulla base delle istanze portate avanti in questi sette anni: i conservatori ne sono sicuri. Il Papa avrebbe dunque premiato quei consacrati "fedeli alla linea", e poco inclini a criticare chi pensa che i porti debbano essere sempre aperti a tutti. Un caso di specie sarebbe di certo rappresentato dalla sostituzione nella diocesi di Ferrara-Comacchio di monsignor Luigi Negri, considerato conservatore, col vescovo Giancarlo Perego, della fondazione Migrantes. Ogni papa, del resto, organizza la Chiesa "a sua immagine e somiglianza". Più in generale, sembra vero che correnti dottrinali e gruppi, più o meno politicizzati, di sacerdoti abbiano acquisito spazio comunicativo nel corso di questo settennato. Ambienti ecclesiastici che, durante il regno di Joseph Ratzinger, non avevano grosse possibilità di emergere e che sarebbero invece emersi, distribuendo anche opinioni dal tenore politico. Più che di sigle associative, dunque, si parla di uomini e delle loro espressioni. Quelle che vertono anche sull'ideologia. Per illustrare la situazione, basta citare l'attivismo dei "preti di strada": dai "digiuni a staffetta" contro l'ex ministro dell'Interno Matteo Salvini agli attacchi subiti dallo stesso per via dell'utilizzo del rosario in campagna elettorale. Sarebbe avvenuto anche con un altro pontefice ed un altro "clima"? Difficile rispondere a questa domanda senza le evidenze storiche.
Il caso dei finanziamenti di Open Society alle fondazioni dei gesuiti
Stando a quanto riportato da Marco Tosatti nel suo blog Stilum Curiae qualche giorno fa, un altro collegamento potrebbe essere operato tra la "Chiesa in uscita" e i fautori di un mondo privo di confini: "Tre enti di beneficenza gesuiti hanno ricevuto negli ultimi anni più di 1,5 milioni di dollari da Open Society Foundations, la fondazione del magnate pro-choice George Soros. La Jesuit Refugee Service Foundation ha ricevuto 176.452 dollari nel 2018 per “sostenere il lavoro del beneficiario sui diritti dei migranti” in America Latina e nei Caraibi", si legge nelle prime righe del testo, che è ripreso da un'inchiesta di Aciprensa. I gesuiti odierni sono per lo più "aperturisti" in materia di fenomeni migratori. Il pontefice regnante, che è un gesuita, non può essere chiamato in causa da un punto di vista politico, ma ha più volte espresso simpatie nei confronti dell'universo che comprende le Ong. E questo, con buone probabilità, deriva anche, nella disamina del pontefice, da un "vuoto" che sarebbe stato lasciato dalla politica.
L'ultimo appello di Francesco
Nell'udienza all'organizzazione Snapshot from the Borders, Bergoglio ha espresso pure quanto segue: "La comunità internazionale si è fermata agli interventi militari, mentre dovrebbe costruire istituzioni che garantiscano uguali opportunità e luoghi nei quali i cittadini abbiano la possibilità di farsi carico del bene comune (...). Nel contempo - ha proseguito il Santo Padre, nel corso del suo intervento -, non accettiamo mai che chi cerca speranza per mare muoia senza ricevere soccorso (...). Certo - si legge su quanto ripercorso pure dall'Agi - , l'accoglienza e una dignitosa integrazione sono tappe di un processo non facile; tuttavia, è impensabile poterlo affrontare innalzando murì. Di fronte a queste sfide - ha continuato - , appare evidente come sono indispensabili la solidarietà concreta e la responsabilità condivisa, a livello sia nazionale che internazionale. 'L'attuale pandemia ha evidenziato la nostra interdipendenza: siamo tutti legati, gli uni agli altri, sia nel male che nel bene.
Bisogna agire insieme, non da sol". In questo senso, l'universo Ong, in specie quello che sarebbe dedito ad evitare le tragedie in mare, riuscirebbe a sanare un gap che sarebbe dipeso dal non interventismo delle istituzioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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