Parma, si chiudono le indagini sul sistema coop della sinistra

Avvisi di garanzia per 41 persone legate alla cooperativa Di Vittorio, con accuse di falso in bilancio e bancarotta

Parma, si chiudono le indagini sul sistema coop della sinistra

I numeri fanno impressione. Soldi, risparmiatori, clienti, truffati e truffatori. Oggi si chiude a Parma l'inchiesta contro quello che è stato chiamato il "sistema coop" riguardo il denaro affidato alla cooperativa Di Vittorio.

Proviamo a mettere i fila i dati di questa inchiesta. Si parla di un buco di oltre 67 milioni di euro, 2.720 soci rimasti col certino in mano, accusa di falso in bilancio per la modia cifra di 19 milioni. Non solo. Poi ci sono quei 12 milioni di risparmi di prestito sociale di cui al momento non si sa più nulla, che fine abbiano fatto o chi se li sia intascati, e poi le 485 famiglie tra Fidenza, Parma, Salsomaggiore, Fornovo, Noceto, Fontevivo e Fontanellato che avevano preso dalla cooperativa case in proprietà condivisa e ora non conoscono il loro futuro.

A riportare la notizia è Antonio Amorosi su La Verità. Le indagini, condotte dalla Guardia di Finanza e dai pm Paola Dal Monte e Umberto Ausiello, hanno portato ad un avviso di garanzia a 41 amministratori della cooperativa. Le accuse? Bancarotta fraudolenta e altre operazioni economiche che portarono al fallimento della coop e delle sue controllate. Come scrive La Verità, la coop avrebbe realizzato "operazioni immobiliari spericolate e apparentemente senza senso. Un sistema che si è retto grazie ai giochi garantiti dal prestito sociale, il denaro che i soci prestavano alla coop come se fosse un banca, e che nel caso della Di Vittorio erano 12 milioni di euro, presi in prestito, ma utilizzati per operazioni economiche a dir poco azzardate".

Tra i nomi noti degli amministratori della coop ci sono anche personaggi importanti della politica della sinistra emiliana, da sempre molto vicino alle cooperative. Ad esempio ci sono l'ex sindaco di Salsomaggiore Adriano Grolli (indagato nell’inchiesta e consigliere della Di Vittorio fino al fallimento), oppure l’ex Pci Angelo Canella (indaggato). Il cardine dell'inchiesta gira però attorno a Franco Savi, presidente della Di Vittorio dal 2006 al 2013 e di Polis dal 2007 al 2013, personaggio che non ha mai avuto alcun ruolo importante nella sinistra locale ma sempre vicino a quegli ambienti. Nell'avviso di conclusione indagini, tra le altre compravendite "strane" Savi è accusato di aver usato qualcosa come 16 milioni di euro per fare acquisti di immobili "a prezzi superiori ai valori reali". Non solo. Polis tra il 2008 e il 2009 versò pure la modica cifra di 1 milione 55mila euro ad alcune perosone senza che questi dessero nulla in cambio. Perché? Inspiegabile.

Come inspiegabile è il motivo per cui Polis costituisce due società, AB1 e AB2, versando 10mila euro ciascuna di capitale sociale (ovvero l'intero capitale) ma detenendone solo 1% (il resto intestato alla fiduciaria Effe&Erre, ma a nome di terze persone). Per poi ricomprare le altre quote di AB2 per oltre un milione di euro.

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