Perché non siamo in buone mani

Non voglio insistere sull'argomento né annoiare ma mi chiedo: non è che per caso il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede trova il tempo di buttare un occhio per capire che cosa successe in quei giorni di agosto del 2013

Perché non siamo in buone mani

Non voglio insistere sull'argomento né annoiare ma mi chiedo: non è che per caso il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede trova il tempo di buttare un occhio per capire che cosa successe in quei giorni di agosto del 2013 nella camera di consiglio della Corte di cassazione che condannò in via definitiva Silvio Berlusconi, cioè se è credibile che si sia trattato di una sentenza pilotata come sostiene in un audio Amedeo Franco, uno dei giudici presenti all'udienza? E, perdita di tempo per perdita di tempo, sarebbe bello e dignitoso che anche il Csm, l'organo di autocontrollo della magistratura presieduto dal capo dello Stato, si avventurasse in una simile iniziativa. Così, tanto per sgomberare il campo ufficialmente da ogni dubbio e sospetto e accertare per esempio se corrisponde al vero che Amedeo Franco, inizialmente contrario alla condanna, ricevette in quelle ore - prassi assai anomala se non illegale - una telefonata «dall'alto» che lo turbò non poco, come da lui confidato ad alcuni amici intimi.

Se questa telefonata fosse davvero avvenuta, quanto «alto» era il signore dall'altra parte della cornetta, quanto pesò il veloce colloquio per convincerlo a non fare il bastian contrario e a rovinare le uova in un paniere preconfezionato? A queste e altre domande il ministro della Giustizia e il Csm dovrebbero dare risposte certe, qualunque esse siano, e se vivessimo in uno stato di diritto dovrebbe funzionare più o meno così.

Il problema è che, tra l'altro, non abbiamo un ministro della Giustizia e neppure un Csm. Il primo è ostaggio della sinistra che l'ha salvato dalla sfiducia per avere permesso la scarcerazione di 450 mafiosi di livello (un importante magistrato, Di Matteo, è arrivato a ipotizzare un suo cedimento a pressioni della criminalità organizzata). In quanto al Csm, stendiamo un velo pietoso: la microspia iniettata nel telefonino di un suo potente membro, Luca Palamara, ha svelato tutte le miserie, i vizi e le compromissioni politiche dei suoi componenti oltre che di buona parte della magistratura.

Possiamo sperare che un ministro ostaggio e un Csm corrotto (cosa questa che confermerebbe i

sospetti sulla trasparenza della sentenza Berlusconi) facciano un'operazione di verità? Non resta che affidarci ad Albert Einstein: «Meglio essere ottimisti - disse - e avere torto che essere pessimisti e avere ragione».

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