Da Pavia a Los Angeles, oltre 9mila chilometri per seguire una passione: il cinema. Non è la storia racchiusa in un romanzo, bensì in una carta di identità. Quella di Pietro Coppolecchia.
Un viaggio lungo, non da tutti sicuramente, che ora inizia a dare le prime soddisfazioni. Ci chiamiamo su WhatsApp, mi risponde subito: “Aspetta Vas - ci conosciamo da quando andavamo alle medie, quando ancora la testa giocava qualche brutto scherzo e i risultati scolastici ne risentivano - sto girando in Messico dammi un minuto”.
"Così sono diventato regista in America"
Come stai? Anzi, lo so. Stai meglio di tutti, come procede il lavoro?
“Hai ragione, tutto bene. Mi trovo nel backstage di un evento di Lucha Libre - la lotta messicana divenuta famosa con il nome americano di wrestling. - Stiamo girando un documentario sulla vita del lottatori, poi ti mando qualche inedito”
Andiamo per gradi. La tua storia è unica, partire dalla provincia per approdare nella terra di Hollywood per inseguire un sogno. Ma come è cominciato tutto?
“Premessa, ho sempre viaggiato molto, i miei genitori mi spedivano tutte le estati, al termine delle lezioni scolastiche, a fare corsi di lingua: Inghilterra, Irlanda e poi in America. Ero già stato a LA, precisamente a UCLA - la nota università losangelina tra le più importanti e prestigiose al mondo - per seguire un corso di inglese. Iniziavo a già a coltivare la passiona per gli States e per il cinema”
Poi un giorno ti sei trasferito in California
“Non è stata così facile però. Mentre preparavo il diploma in Italia, pensavo al futuro e mi sono detto perché no? Perché non partire per la Capitale del cinema (Los Angeles, ndr). E qui è iniziata la salita"
Fermati, perché non studiare in Italia? o in Europa?
“L’unica ragione è che non ci sono strutture all’altezza e poi comunque ero innamorato dell’America”
Ok, quindi decidi di trasferiti e iniziare gli studi?
“Sì, ma prima di potermi iscrivere alla Film School devo prendere il Sat (un test attitudinale molto diffuso, generalmente richiesto e quasi universalmente riconosciuto per l'ammissione ai college degli Stati Uniti), facendo due anni di community college. Trascorso questo limbo amministrativo mi iscrivo alla Chapman University, Dodge College of Film and Media Arts”
Da ragazzo scapestrato di Pavia a studente modello a Los Angeles?
“Devo essere sincero, per la prima volta nella vita mi metto davvero a studiare e a lavorare duro. Ho la fortuna di incontrare compagni straordinario che tuttora lavorano con me. Alcuni di loro sono proprio qui alla mie spalle che preparano il set per le riprese. Inoltre ho l’onore di crescere professionalmente con registi del calibro di Antony Hoffman, Luca Guadagnino, Spike Lee and Matthew Libatique e il premio oscar Xavier Koller”
Poi finalmente la laurea
“Sì, seguito e un bellissimo periodo in una casa di produzione. Altro tempo trascorso a lavorare e ad aumentare quelle che qui in America chiamano skills"
Doti che qualche risultato hanno portato, o sbaglio?
“No, non sbagli. Il mio film La Gata è tra i candidati al Berlin Fashion film festival. Si tratta di un commentario basato su un racconto di Esopo. Inoltre, come ti dicevo, sto anche dirigendo un documentario in Messico. Un lavoro indipendente molto figo, seguendo passo dopo passo, quasi ora dopo ora il dietro le quinte dei lottatori di lucha libre messicana”
E l’Italia?
“Mi manca molto. Ci torno sempre in estate per vedere i miei genitori e i miei fratelli ma spero un giorno di poterci anche lavorare in maniera continuativa.
Qui negli States i budget sono molto alti e si guadagna bene, in Italia purtroppo non è così. Il sogno resta quello di fare il registra e magari diventare un ambasciatore del cinema italiano in America, in modo da portare ciò che c’è di meglio qui anche in Italia e viceversa”. (Qui i suoi principali lavori)- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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