Il primo avvistamento risale al 31 dicembre scorso: "C'è un delfino che nuota nell'Arno". La notizia fa il giro dei social e in poco tempo, a Pisa ma non solo, lo sanno tutti. Gli esperti riconoscono che si tratta di un fenomeno raro, anche perché il cetaceo ha percorso più di 10 km, risalendo dalla foce del fiume fino alla città. Da allora è partita la "caccia al delfino". Ogni giorno diverse persone (bambini ma anche molti adulti) si radunano sulle sponde del fiume per cercare di avvistare (e filmare) il delfino, divenuto beniamino della città. L'edizione locale del Tirreno ha lanciato un sondaggio: "Diamo un nome al delfino". Questi sono i più gettonati: Rino (in onore di Gattuso, allenatore del Pisa), Romeo (come l'indimenticato presidente Anconetani), Ranieri (come il santo patrono cittadino), Corrado (presidente attuale della squadra di calcio), Ugolino (il mitico conte citato da Dante, che rinchiuso in una torre si cibò dei figli).
I biologi del Cetus, il Centro di ricerca e studi sui cetacei di Viareggio, monitorano con attenzione il comportamento di questo delfino "ribelle". Viene osservato e fotografato e sono cronometrati i tempi di immersione e quelli della respirazione. Il fatto che un delfino adulto si sia allontanato dal branco non è di per sé anomalo. Lo è, invece, che preferisca restare nel fiume anziché nel mare. Al momento non c'è alcuna spiegazione. Precedenti ce ne sono pochi. In Europa solo uno. "Nel 2015 un tursiope è entrato in un fiume inglese, resistendo però per pochi giorni", racconta al Tirreno Silvio Nuti, fondatore del Cetus.
Ma dopo l'entusiasmo e l'allegria che il delfino ha portato nella città delle torre pendente, cresce la preoccupazione per la sua salute. La Nazione scrive che sarebbero state notate alcune chiazze rosse sulla pelle del cetaceo. Ma la dottoressa Francesca Salvioli, del Cetus, smentisce: "Ogni giorno andiamo lì per controllare il suo stato di salute. Ci sono alcuni graffi, dovuto con tutta probabilità a qualche ramo portato dalla corrente, nei giorni scorsi più forte quando l’Arno si è ingrossato, ma nessun’altra anomalia". Nel caso in cui si dovessero notare dei peggioramenti sullo stato di salute il delfino verrebbe "scortato" fino al mare aperto, mediante una speciale task force formata da barconi e moto d'acqua. Ma per il momento è solo un’ipotesi.
Chiarito il mistero sullo stato di salute del cetaceo, una domanda sorge spontanea. Perché mai il delfino si è concesso questa vacanza nelle acque pisane dell'Arno? Secondo l'Arpat (Agenzia regionale per la protezione ambientale) può capitare che un esemplare di questa specie (tursiops truncatus) si addentri in un fiume per seguire le prede. La differenza, in questo caso, è che il delfino ha deciso di restare nelle acque dolci più del solito. Evidentemente ha trovato condizioni di vita favorevoli: alta salinità e acqua molto bassa. E sicuramente prede a sua disposizione (soprattutto muggini). Se però le condizioni dovessero mutare? Il delfino se ne andrà. Oppure dovrà essere "riaccompagnato" in mare.
Il professor Emilio Baldaccini, ordinario di etologia
all’Università di Pisa, mette tutti in guardia: "Troppa gente gli butta da mangiare in acqua, il delfino potrebbe abituarsi male e disabituarsi a procurarsi le prede". Vedremo se i pisani sapranno trattenere il loro affetto.
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