È tutto da rifare il processo nei confronti di Laura Taroni, l'infermiera killer condannata a trent'anni di reclusione per aver ucciso, tra il 2013 e il 2014, la madre e il marito somministrando loro dosi eccessive di farmaci quando lavorava all'ospedale di Saronno. Ieri, venerdì 11 settembre, la prima sezione penale della Cassazione ha annulato la sentenza emessa a luglio dello scorso anno dalla Corte d'Assise d'Appello che infliggeva all'imputata la pena dell'ergastolo per il delitto commesso in corso con il medico Leonardo Cazziniga, suo amante. "Mancano 13 pagine della sentenza'', si legge nelle motivazioni dell'annullamento.
Il delitto
I fatti risalgono al lontano 2013. Laura Taroni, infermiera all'ospedale di Saronno, intrattiene una relazione extra-coniugale con il primario del pronto soccorso, Leonardo Cazzaniga. Giunta al capolinea del matrimonio con Massimo Guerra, uomo con il quale i rapporti sono già ai ferri corti da anni, la donna decide di sbarazzarsene con la complicità del suo amante, alla cronaca ''il dottor morte''. I due attuano il cosiddetto ''protocollo Cazzaniga'' che prevede un cocktail letale di farmaci per i pazienti ''non graditi''. Dunque, collaborando in concorso di reato, i due si sbarazzano dapprima del coniuge indesiderato poi, della suocera, Maria Rita Guerra, sospettata dalla Taroni di avere una tresca affettiva col genero. Ad entrambi, vengono prescritti barbiturici che, un po' alla volta, li avvelenano fino a stroncarli. Nel dicembre del 2016 vengono arrestati e processati. L'infermiera viene processata con rito abbreviato al tribunale di Busto Arsizio e condannata a trent'anni di galera. L'entità della pena sarà riconfermata nel marzo del 2019 dalla Corte d'Assise d'appello di Milano.
L'annullamento della condanna
Stando a quanto riporta La Repubblica, ieri, La Corte di Cassazione ha annullato ieri la sentenza di condanna a 30 anni di reclusione per Laura Taroni. I giudici hanno deciso che dovrà essere celebrato nuovamente il processo d'appello davanti a una nuova sezione della Corte d'Assise d'Appello di Milano accogliendo il ricorso dell'avvocato della donna Cataldo Intrieri perché la sentenza pronunciata lo scorso 2 luglio e depositata il 30 novembre - che confermava il verdetto di primo grado dal gip di Busto Arsizio - era monca: nelle 122 pagine di motivazione, infatti, ne erano 'saltate' 13 relative alla capacità di intendere e di volere dell'imputata.
''Mancano 13 pagine della sentenza''
Il motivo dell'annullamento è presto detto: ''mancano 13 pagine della sentenza''. Un errore materiale, quindi, ha sovvertito la condanna inflitta dalla Corte d'Assise d'Appello di Milano.
"La decisione non riguarda solo il fatto che la sentenza fosse incompleta", ha spiegato l'avvocato Intrieri, "perché la Corte d'Appello di Milano si era dimenticata una parte della motivazione, ma anche le prove sulla responsabilità per gli omicidi". Poi ha aggiunto: "La causa è riaperta".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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