A seguirle, le molliche, riportano Pollicino fino a casa. Steve Bannon, l'ex stratega di Donald Trump, considerato «l'anima nera» del sovranismo mondiale, con preveggenza quanto meno curiosa, nell'ultimo week end di luglio, dal confine del New Mexico, ha rilasciato un'intervista a 7 del Corriere della Sera (pubblicata in Italia ieri). «Non tutti i matrimoni funzionano. Quello tra Di Maio e Salvini è stato un nobile esperimento. Mi piacerebbe vederlo continuare, ma capisco perché potrebbe non accadere». Letta oggi, è un'analisi nemmeno troppo sofisticata della crisi giallo-verde. Ma pronunciata nell'ultimo week end di luglio fa tutto un altro effetto.
Solo due giorni prima il presidente del Consiglio Giuseppe Conte aveva difeso Matteo Salvini nell'aula del Senato dalle accuse di coinvolgimento nel Russiagate all'italiana (un'altra cosa che lo accomuna a Trump), i 5 Stelle avevano incassato obtorto collo il sì italiano alla Tav - con tanto di lettera partita dal ministero del dissidente per eccellenza Toninelli. Insomma, fibrillazioni ce n'erano, ma chiusa la finestra elettorale per un ritorno al voto entro settembre, tutti gli analisti concordavano: di elezioni nel 2019 non si parla più. Bannon, invece, si sentiva dal New Mexico che le nozze più strane della politica italiana erano già al lancio di argenteria, cristalli e porcellane. Proprio lui che - secondo il libro di Michael Wolff Assedio - sarebbe stato nella primavera 2018 il regista neanche troppo occulto dell'operazione. Si hanno tracce del guru sovranista l'8 marzo a Milano, poi a Roma. Secondo lo scrittore che lo seguì nel suo viaggio europeo si deve proprio all'ex direttore di Breitbart il nome di Giuseppe Conte come premier.
Dalla Certosa di Trisulti, la sede italiana del suo The Movement attiva fino a fine maggio, Bannon aveva tirato i fili dell'attacco sovranista alla «Fortezza Europa». Ma i risultati alle elezioni per il Parlamento di Strasburgo non hanno dato gli effetti sperati. Forse è scattato il piano B. Boris Johnson, premier inglese, mina l'Unione brandendo la Brexit senza accordo «a ogni costo» entro fine ottobre.
Proprio la stessa data in cui Salvini vorrebbe vedere celebrate le nuove votazioni in Italia. Quelle in cui chiederà «agli italiani di darmi pieni poteri». Soprattutto contro vincoli e lacciuoli europei. Dopo tanti secoli il divide et impera è sempre una strategia in voga.
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