Promemoria su Putin e l'idea di Parlamento

Lo vogliono in Parlamento, per par condicio, per rispondere a Zelensky, video a video, per pacifismo, per simpatia mostrata sottobanco

Promemoria su Putin e l'idea di Parlamento

Lo vogliono in Parlamento, per par condicio, per rispondere a Zelensky, video a video, per pacifismo, per simpatia mostrata sottobanco. Quelli che invocano Putin non sanno però che male gli fanno. Non è affatto un favore. È un dispetto, una cattiveria, un gesto di maleducazione. È come invitare in teatro uno che odia gli attori. È scegliere una carnezzeria per far mangiare un vegetariano. Non si fa. È inopportuno. È uno sgradevole imbarazzo.

Vladimir è allergico ai parlamenti occidentali. Lo irritano, la pelle si squama, perde la salivazione, la scena lo disgusta. Non ha mai amato quella visione del mondo e la considera ipocrita, disordinata, insidiosa e con quell'odore di decadenza che ripugna la sua anima da ex agente del Kgb e poi, con gli anni, invecchiando questi sentimenti si sono incancreniti, fino a diventare un'ossessione, la sua battaglia, il solco da lasciare in eredità nella storia. Un paio di anni fa disse al New York Times che la democrazia liberale è obsoleta. È fragile, inadeguata per governare e lontana dal popolo. È qualcosa che può sopravvivere solo in società scarnificate dal veleno dei diritti individuali, sterco dello sterco del diavolo, non certo in Russia o in Cina o qualsiasi luogo dove è tornato a battere lo spirito «naturale» del nazionalismo. Allora perché sottoporlo a questo supplizio? Lasciate Putin fuori da tutto questo. Non è invitandolo in Parlamento che si avvicina la pace. È ormai troppo tardi. Se quest'uomo è stato mai tentato dalla democrazia occidentale, il suo ripudio è arrivato il giorno in cui ha fatto sparire il suo primo avversario politico. È lì che si sono rotti i ponti.

Putin conosce la Duma, ed è una finzione. Non basta dire che pure lì si vota. La Russia assomiglia a quelle che il buon Predrag Matvejevic chiamava «democrature», regimi formalmente democratici ma di fatto oligarchici. Bisogna riconoscere che ormai Vladimir non fa neppure più lo sforzo di nascondere la realtà. La riforma costituzionale del 2020, con cui tra le altre cose ha abolito il vincolo dei due mandati per governare finché morte non lo separi, ha consacrato il putinismo.

La guerra contro l'Ucraina è la firma con cui ora sta suggellando il suo sistema di valori. Putin non avrebbe altro da dire al Parlamento di una democrazia occidentale. Semmai dovesse metterci piede, o la faccia, lo farebbe solo per chiedere la resa.

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