La Rackete respinta da tutti, ma tutti criticano solo l'Italia

Le richieste della "capitana" Rackete sono state respinte da tutta Europa, la stessa che accusa l'Italia di razzismo per la chiusura dei porti

L’Italia "ha annunciato una chiusura dei suoi porti, in violazione del diritto internazionale del mare, anche se gli sbarchi di persone soccorse in mare continuano ad avvenire in Italia, sia da parte di navi di Ong, sia di navi della guardia costiera italiana" è quanto affermato dal comunicato del ministero dell’Interno francese in occasione del caso Sea Watch 3. Dello stesso tono Berlino che in quei giornoi faceva sapere che "salvare vite umane è un obbligo umanitario. Il salvataggio in mare non deve essere criminalizzato. Spetta alla giustizia italiana chiarire velocemente le accuse".

Insomma per l'asse fanco-tedesco l'Italia non avrebbe diritto di chiudere i propri porti, abbiamo l'obbligo di accogliere chiunque intraprenda il viaggio verso l'Europa, che termina inesorabilmente al di qua della Alpi, indipendentemente dal mezzo impiegato e dal diritto sovrano, italiano ma anche internazionale.

A contraddire Berlino, ma soprattutto Parigi, in merito alla "violazione del diritto internazionale del mare" arriva la stessa "capitana" Rackete, che in una recente intervista al Nouvel Observateur, mette la Francia all'angolo. "Avevamo contattato il porto di Marsiglia per sapere se potevamo attraccare. La richiesta è stata inoltrata al prefetto, fino al Presidente della Repubblica. Ma nessuno ci ha risposto" sono state le parole della Rackete al quotidiano francese.

Sbugiardata quindi, dalla stessa paladina della sinistra, la portavoce dell'Eliseo Sibeth Ndiaye che in quei giorni aveva lanciato pesanti accuse verso il nostro ministro dell'Interno "il comportamento di Salvini è inaccettabile, segue una strategia d’isterizzazione per trattare un tema doloroso e complicato".

È un'Europa che ha due facce sulla questione dell'immigrazione (clandestina): accogliente, buonista, spesso moralizzante quando si tratta di accusare l'Italia perfino di razzismo per avere scelto di chiudere i propri porti, ma di fatto chiusa ermeticamente ad ogni possibile arrivo e tantomeno indisposta verso la possibilità di ridistribuzione degli immigrati. Quanto avvenuto con la Sea Watch 3 e testimoniato dalla Rackete è solo l'ultimo emblematico caso di questo atteggiamento.

Le accuse francesi risultano tanto più paradossali se pensiamo poi a quanto avvenuto, e avviene, lungo la frontiera che da Ventimiglia va sino a Bardonecchia. Da quelle parti non si passa, l'accoglienza è solo un totem che serve a tenere buona la sinistra di casa e a fare la bella faccia nel consesso internazionale europeo. Anzi, chi cerca di far attraversare il confine italofrancese agli immigrati viene arrestato e lasciato in galera, come ci ricorda il caso di Francesca Peirotti, condannata in primo grado, a maggio 2017, a una multa di mille euro dal tribunale di Nizza. Successivamente la corte d'Appello ha però optato per una pena ben più grave, pari a sei mesi di carcere, a cui potrebbe aggiungersi anche l'interdizione a vivere in Francia per i prossimi cinque anni, se la condanna dovesse essere confermata anche in Cassazione.

Insomma, il tema è "doloroso e complicato" solo quando si tratta di guardare in casa d'altri, in particolare la nostra, se invece riguarda la loro diventa improvvisamente di facile soluzione: favoreggi l'immigrazione clandestina? Finisci in galera senza passare dal via.

Non è nemmeno la prima volta che la Francia fa finta di non sentire da quest'orecchio: nel settembre del 2018 la nave Acquarius, della Ong Sos Mediterranée, era stata rimbalzata dalle autorità francesi. In quella occasione la nave riuscì ad attraccare a Marsiglia ma solo dopo che tutti gli immigrati erano stati sbarcati in acque internazionali e ripartiti tra Germania, Portogallo, Spagna e Francia, passando via Malta. Perché? Perché la nave non apparteneva ad un registro navale europeo.

Il problema è anche quello della sovranità in mare, non solo una questione di zona Sar. Il diritto marittimo afferma che, in acque internazionali, una nave - o un aereo - assume lo status di "territorio flottante" del Paese di cui batte bandiera - Panama per la Acquarius. Quindi, secondo le regole internazionali del diritto marittimo, la Sea Watch 3 dovrebbe essere territorio flottante olandese, ma anche in questo caso l'Olanda ha fatto orecchio da mercante per quanto riguarda l'accoglienza degli immigrati a bordo.

Le stesse accuse francesi e tedesche, sul salvataggio in mare e sull'obbligo di relativa accoglienza, perdono di significato in quanto in moltissimi casi, come in quello della Sea Watch 3, gli immigrati non stanno naufragando, il natante che li trasporta non è in affondamento, anzi, è accertato, come ci mostrano le immagini della stessa Guardia Costiera, che gli stessi vengono semplicemente traghettati da un mezzo ad un'altro. Le Ong, come Sea Watch, non fanno altro che andare loro incontro, spesso e volentieri violando le zone Sar libiche o tunisine.

Certo, abbiamo in qualche modo accettato di accogliere chi arriva dal mare grazie ai precedenti governi ed in particolare a quanto firmato dalla Bonino, ma esiste anche il Decreto Minniti che stilava il codice di condotta per le Ong, e la Sea Watch, insieme ad altre Ong come Msf, Moas, Sos Méditerranée, Sea Eye, Proactiva open arms, LifeBoat, non lo ha sottoscritto.

A tutti gli effetti risulta quindi una nave "pirata" che opera in barba ai regolamenti internazionali invadendo le zone Sar, e infrangendo il diritto sovrano nazionale, ma una certa magistratura sembra aver interpretato i fatti in modo diverso.

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