Revenge porn, il M5S propone una legge che punisce chi pubblica video hard privati

La norma, depositata in Senato, propone di punire chiunque pubblichi (e diffonda) immagini sessualmente esplicite senza il consenso della persona interessata. La pena comporterebbe una multa e la reclusione

Revenge porn, il M5S propone una legge che punisce chi pubblica video hard privati

Si chiama "revenge porn" e, letteralmente, significa "vendetta pornografica". In senso generale, negli anni, ha assunto un'accezione ancora diversa ed è legata alla diffusione, in rete, di video e di immagini, da parte di un ex partner, per esempio, senza che l'altro, il diretto interessato, lo sappia. Ma oggi il materiale diffuso sul web, che mostra, senza consenso, persone durante atti sessuali potrebbe comportare un reato grave.

La proposta pentastellata

Secondo quanto riportato da Il Giorno, se dovesse passare la proposta di legge, depositata al Senato dal Movimento 5 Stelle e sottoposta anche alla piattaforma Rousseau, questo tipo di illecito potrebbe essere punibile con "la reclusione da uno a cinque anni e la multa da 927 a 2mila euro". La legge, che introduce l'articolo 612-ter del Codice penale, se passasse, potrebbe quindi punire i responsabili di casi come quello accaduto a Tiziana Cantone, la donna che, il 13 settembre 2016, si tolse la vita dopo aver chiesto che un suo video hard, girato dall'allora fidanzato, venisse rimosso dal web. E che i pentastellati hanno giudicato "un fenomeno lesivo della dignità, che può condizionare la vita delle vittime".

I tipi di pena

Con la proposta pentastellata non sarebbero punite soltanto le persone che pubblicano immagini o video privati (senza consenso), ma anche coloro che li diffondono. Per questi, pena e multa sarebbero ridotte della metà rispetto a quella comminata ai responsabili di un'azione considerata da molti "paragonabile a una vera e propria violenza sessuale". Inoltre, sarebbero previste anche "ipotesi aggravate" in ragione del "rapporto esistente tra autore e vittima". La reclusione, infatti, potrebbe essere da due a sette anni e la multa da 1.500 a 3mila euro "nell'ipotesi in cui il fatto venga commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da chi ha contratto un'unione civile, o da chi è legato alla persona offesa da una relazione affettiva o lo è stato nel passato". Inoltre, se la pubblicazione di "immagini o video privati sessualmente espliciti provoca la morte della persona offesa" la reclusione, per gli autori, andrebbe dai sei ai dodici anni e la multa da 10mila a 80mila euro.

Le richieste delle vittime

Potrebbe esserci, poi, la concreta possibilità di chiedere al titolare del sito internet o del social media di "oscurare, rimuovere o bloccare le immagini o i video privati sessualmente espliciti". Cosa che, a Tiziana Cantone, per esempio, fu negata, di fatto. Se la richiesta non dovesse essere accolta "entro le 24 ore dal ricevimento dell'istanza si potrà proporre reclamo al Garante della privacy o invocare la tutela giurisdizionale, presentando ricorso dinanzi all'Autorità giudiziaria".

Le altre norme

La norma sul "revenge porn", che ancora in Italia non esiste, regola invece stati come Germania, Israele, Regno Unito e 34 stati americani.

Secondo quanto si legge nella proposta pentastellata, in casi simili a quelli della giovane napoletana, infatti, "l'unica possibilità riconosciuta alle vittime è fare riferimento alla normativa sui reati di diffamazione, estorsione, violazione della privacy e trattamento scorretto dei dati personali, che non recepisce, però, la gravità e la peculiarità del fenomeno".

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