Giorgia Meloni ieri ha ufficializzato l'avvio del percorso legislativo per arrivare alla riforma costituzionale che cambierà la forma di governo dell'Italia, introducendo l'elezione diretta del primo ministro e la sua sostanziale inamovibilità pena il ritorno immediato alle urne. In altre parole basta coi ribaltoni figli dei giochi del palazzo che dall'inizio del secolo hanno prodotto ben quattordici premier con quattordici maggioranze diverse contro i tre cancellieri tedeschi e i quattro presidenti francesi. La parola d'ordine è «stabilità»: chi vince le elezioni governa per tutto il mandato quinquennale e chi le perde, oltre a esercitare azione di controllo, si può soltanto preparare alla rivincita.
Questa riforma è innanzitutto una grande riforma economica, forse la più importante riforma economica, perché imprese e finanza per crescere hanno bisogno innanzitutto di stabilità politica, non che ogni anno e mezzo si azzeri tutto e si ricominci da capo, spesso su una strada opposta a quella precedente. E lo stesso vale in politica estera, ambito nel quale la continuità è fondamentale per instaurare rapporti di fiducia tra i leader del mondo.
Alla sola idea di stabilizzare il Paese dopo oltre settant'anni di consociativismo fluido, alla sinistra vengono le convulsioni e prepariamoci alla mobilitazione generale di costituzionalisti d'area che faranno di tutto e di più per fare abortire il progetto in culla o quantomeno impedire che la riforma passi in Parlamento (dove servirà la maggioranza dei due terzi) e si vada alla lotteria del referendum popolare dove può accadere di tutto.
Il motivo è semplice e non ha nulla a che fare con la presunta, e falsa, immutabilità della nostra Carta: la sinistra ha sì governato a lungo l'Italia, ma ad esclusione della piccola parentesi di Romano Prodi nel 2006, senza mai vincere un'elezione, solo con i più disparati e vergognosi accordi di palazzo che hanno ridotto lei è l'Italia allo stato attuale.«Il mio obiettivo è lasciare il Paese migliore di come l'ho trovato», disse al suo insediamento Giorgia Meloni. Ecco, questa della riforma costituzionale è la strada maestra.
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