Cosa c'è nel bosco? Nel bosco ci sono dèi crudeli, come Rumia, signora dei lupi. E quanto è grande il bosco? È sconfinato, quasi come il cielo e viverci dentro per sei mesi è quello che i giovani devono fare per diventare adulti. Devono convivere col terrore.
Del resto niente è facile nella Terra dei Trenta Re che formano la Lega latina sotto la guida di Re Numitore, signore di Alba Longa. C'è chi brama il potere, come Spurius, il signore di Velia, e ci sono riti e presagi da rispettare. Soprattutto ora che non piove da mesi e la popolazione ha paura di perdere tutti i raccolti. E poi c'è Amulio, il fratello di Numitore: ha il cuore spezzato in due tra lealtà e desiderio di potere... potere che dovrebbe invece passare ai suoi due nipoti Yemos e Enitos, che però sono giovani, dubbiosi.
Così nel Lazio dell'Ottavo secolo a.C. si creano i presupposti per quei grandi rivolgimenti e quelle feroci lotte che porteranno alla nascita di una nuova città: Roma.
Inizia così la serie Romulus che è stata presentata ieri in anteprima alla Festa del cinema di Roma (e dove sennò?). A realizzarla sempre quel Matteo Rovere che nel 2019 ha realizzato lo stupefacente film Il primo re (tre Nastri d'argento e tre David di Donatello) che racconta la storia di Romolo e Remo, ed è recitato in proto latino. Romulus non è né un prequel né un sequel della narrazione che il pubblico ha incontrato ne Il primo re, come hanno spiegato al Giornale due degli sceneggiatori, Filippo Gravino e Guido Iuculano: «È una narrazione che attinge allo stesso universo mitico del film, ma lo sviluppa in modo diverso, parallelo. Le narrazioni sulle origini di Roma sono riducibili a pochi frammenti. In questo caso abbiamo sviluppato un percorso diverso rispetto a quello della pellicola. Anche perché avendo uno spazio narrativo più lungo, 10 episodi, potevamo creare connessioni diverse tra i frammenti su cui si basa il mito fondativo della Città».
Ecco che allora lo spettatore, dal 6 novembre (su Sky o in streaming su Now Tv), sarà proiettato nell'Ottavo secolo a.C, in un mondo arcaico e selvaggio ricostruito con vivido realismo e bellissimi set nel cuore dei boschi. Lo studio del dettaglio - tutta l'oggettistica sembra uscire direttamente dai rinvenimenti archeologici o dalle pitture antiche - è evidente in tutta la produzione. Si vede il tocco di Valentino Nizzo, direttore del Museo nazionale etrusco di Roma che, assieme ad altri consulenti, ha contribuito a fornire il supporto filologico per evitare gli svarioni che affliggono molte altre serie storiche.
E a questo si aggiunge anche quella che è tutt'altro che una bizzarria fine a se stessa: ovvero il fatto che la serie è stata recitata in proto latino. Un proto latino, per di più, parlato dagli attori sulla base della così detta pronuncia «restituta», cara ai linguisti del mondo antico, ma molto lontana dalla pronuncia «ecclesiale» a cui per lo più sono abituati anche gli studenti di liceo. Il pubblico può anche guardare la serie semplicemente doppiata in italiano. Però vedere un episodio in lingua originale è un'esperienza che consigliamo a tutti, dà l'idea di una vera immersione in questo mondo primordiale, dove ogni parola è potente e ancestrale. Spiega Guido Iuculano: «La traduzione dei testi in latino è stata fatta da due bravissime professoresse, un lavoro enorme. Ma il fatto che tutto dovesse essere tradotto in questa lingua ci ha aiutato ad essere asciutti nella sceneggiatura. A cercare già in partenza termini consoni al linguaggio di una civiltà ancestrale. Onore, sangue, padre, obbedienza, fato... Il confronto con la lingua antica ricostruita è stato fondamentale per ricreare le logiche di un mondo arcaico».
E il viaggio in questo mondo arcaico mette davvero lo spettatore di fronte a una narrazione epica che affascina. C'è una convincente ricostruzione della nascita del rito dei lupercali, c'è la forma ancestrale del culto della dea Vesta e l'origine delle vestali, c'è l'etica guerriera che ha poi caratterizzato i primi anni della turbolenta storia di Roma. Ma di questi miti tramandati nella storia romana, come quello di Numitore rimesso sul trono di Alba dai nipoti Romolo e Remo, la serie dà una versione realistica se pur di fantasia, immagina i fatti, crudi, da cui poi è nata la leggenda.
Senza rovinare le sorprese allo spettatore - come il ruolo del giovane orfano Wiros o il tragico destino dei due nipoti di Numitore: Enitos e Yemos - e soprattutto senza rivelare chi siano i misteriosi Ruminales, limitiamoci a dire che Romulus è una narrazione potente, a tratti molto dura, e che non esistono altre serie storiche paragonabili al momento. E non solo nel panorama italiano.
Chi poi volesse un'immersione ancora più totale nel mondo
descritto da Romulus può anche passare alla lettura: HarperCollins pubblica la omonima trilogia che lo scrittore Luca Azzolini ha dedicato al «mondo» della serie, allargandone i filoni narrativi come solo su carta si può fare.
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