Era una femmina di otto metri che portava in grembo un feto di poco più di due metri e mezzo, già morto e in parziale decomposizione, il capodoglio trovato spiaggiato venerdì scorso a Cala Romantica, vicino Porto Cervo, nel nord-est della Sardegna. Non solo. Il suo stomaco era pieno di plastica, venti chili tra reti, lenze, piatti di plastica, tubi corrugati. "Addirittura sacchetti dov'è ancora possibile leggere il codice a barre", ha rivelato Luca Bittau, biologo della onlus SeaMe Sardinia che ha partecipato alle operazioni di recupero della carcassa. "Siamo rimasti sgomenti. Rappresenta un monito per quanto stiamo facendo a questi animali, al nostro mare e a noi stessi". La terribile fine del cetaceo è stata ricostruita ad Arzachena, in Gallura, dove nel fine settimana i veterinari dell'Istituto zooprofilattico di Sassari e della facoltà di veterinaria di Padova hanno effettuato la necroscopia. La presenza del mammifero marino era stata segnalata venerdì mattina, 28 marzo, all'ufficio locale marittimo di Porto Cervo. I militari arrivati sul posto avevano constatato che il capodoglio era già morto. Il comune di Arzachena è uno dei centri costieri che ha sottoscritto l'accordo "Pelagos" per il Santuario dei cetacei, zona marina di 87 mila 500 chilometri quadrati condivisa fra Italia, Principato di Monaco e Francia, destina alla protezione dei mammiferi marini.
Così, tristemente, l'ultimo capodoglio trovato a Porto Cervo si aggiunge alla lista degli animali che con la loro vita pagano il disastro ambientale. Come la balena morta nelle Filippine perchè aveva nello stomaco 40 chili di plastica e Afrodite, la tartaruga trovata al largo di Reggio Calabria a cui è stata amputata la pinna anteriore sinistra nella "Sea Turtle Clinic - DVM - UniBa" di Bari perché in completa cancrena. Ora è sotto osservazione la pinna destra.
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