Il pakistano Aftab Farooq era pronto a scatenare il pandemonio all’aeroporto bergamasco di Orio al Serio. È quanto emerge dall’inchiesta dei Carabinieri del Ros di Milano che ha portato all’immediata espulsione del ventiseienne residente a Vaprio d’Adda, per motivi di sicurezza nazionale.
"Per costruire bombe non servono cose speciali. Basta entrare in questo grande magazzino e comprare prodotti normali” sosteneva il potenziale terrorista davanti ad un centro commerciale nei dintorni di Milano. La notte di Capodanno 2015, Farooq era chiaro: “Dobbiamo fare attentati in Europa. Bisogna uccidere dei militari, due o quattro. Lo facciamo". E ancora in un’altra occasione: "Gli europei devono avere paura non possiamo lasciarli tranquilli".
Farooq era sotto sorveglianza da almeno un anno e mezzo. Il suo telefonino veniva agganciato in più occasioni dagli enti di sorveglianza: “Se si vuole attaccare un aereo non è difficile — diceva Farooq —. Guarda, c’è soltanto un filo...”, in riferimento al recinto che circonda l’aeroporto. E ancora: “Bisogna fare qualche danno perché ammazzano i musulmani. Noi non siamo bravi perché non facciamo niente”.
Dalle indagini emergevano poi anche violenze nei confronti della moglie, obbligata a portare il burqa e nonostante la donna abbia cercato di difenderlo, dalle intercettazioni emergono violenza e odio.
Il pakistano si è proclamato innocente ed estraneo a simpatie jihadiste, ma gli elementi in mano agli inquirenti dicono ben altro, così come alcuni screenshot del suo profilo con like messi a pagine come “Stato Islamico” (con tanto di bandiera dell’Isis) e a quella di Khoder Soueid, predicatore residente in Australia e più volte attenzionato per le sue posizioni radicali e a favore dell’Isis.
In un altro screen compaiono altri like messi da Farooq a “Dabiq” (rivista dell’Isis) e a “Jannah is waiting” ovvero “l’attesa del paradiso”.
In tutto questo sono però le reazioni di esponenti del cosiddetto “Islam moderato” a destare perplessità, in riferimento all’espulsione del pakistano e di altri soggetti espulsi.
L’espulsione è un provvedimento al momento essenziale che ha permesso al Governo di mettere al riparo i propri cittadini da pericolosi elementi radicali, ma a quanto pare c’è chi non condivide.
Sumaya Abdel Qader, consigliere comunale neo-eletto con la lista Sala ad esempio dichiara: “Speriamo si possa chiarire presto questa storia. E’ giusto avere attenzione massima per la sicurezza del nostro paese, ma è anche giusto tutelare le persone se pur sospettate perché potrebbero essere innocenti e gli si potrebbe rovinare la vita”. Sarebbe forse stato più giusto aspettare che Farooq fosse passato all’azione e avesse magari rovinato la vita di persone presenti all’aeroporto di Orio?
Yassine Baradai, responsabile fundraising e comunicazione del Caim, denuncia su Facebook “le affrettate misure di espulsione nei confronti di persone miti e tranquille”. Descrive Farooq come “amante del prossimo” ed esprime piena solidarietà al pakistano vittima di “espulsione senza giusto processo” invocando “prove concrete”.
Reas Syyed, responsabile area servizi legali del Caim, dichiara: “non conosco Aftab Farooq…ma dell’incompetenza di Alfano non ci servono altre prove”.
Eppure Aftab Farooq, suo connazionale, risultava tra i suoi contatti di Facebook. Non è la prima volta che il Caim finisce al centro di polemiche, ma se precedentemente era stato il suo coordinatore, Davide Piccardo, a uscire con dichiarazioni infelici su Erdogan, contro Alfano e sugli scontri fuori delle sinagoghe parigine.
Questa volta però sono altri esponenti del direttivo a distinguersi con dichiarazioni decisamente fuori luogo ed imprudenti, non soltanto visti gli elementi emersi dall’inchiesta ma anche perché è inammissibile che un coordinamento che vuole farsi avanti come interlocutore istituzionale a livello locale si esprima in questo modo nei confronti degli inquirenti e del Ministro dell’Interno.
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