Se la lotta all'Isis i giudici la fanno coi corsi al cinema

Impreparati se non giustificazionisti. Così le sentenze diventano boomerang

Se la lotta all'Isis i giudici la fanno coi corsi al cinema

Corsi sulla «tutela giuridica del sentimento per l'animale da compagnia» e le altre bestie oppure «per l'immagine della giustizia nell'arte, nel cinema, nella letteratura» hanno un grande successo fra i magistrati. Per non parlare di quello sul diritto spagnolo o sull'«organizzazione dell'ufficio, del ruolo dei cosiddetti stagisti e prassi virtuose». Tutti appuntamenti fondamentali della Scuola superiore di magistratura, che deve formare ogni anno le nostre toghe. Peccato che su 112 corsi previsti nel 2016 solo uno sia dedicato al terrorismo, nonostante l'emergenza attentati. L'altra faccia della medaglia è che si susseguono casi di ignoranza del fenomeno jihadista sfociati in scarcerazioni dei sospetti terroristi, no ad arresti sostituiti dal palliativo dell'espulsione ed un velato «giustificazionismo» da parte di alcune magistrati.

«Un unico corso per tutto l'anno di formazione, che non è detto si focalizzi solo sul terrorismo di matrice islamica, potrà attirare appena 60-70 magistrati - spiega a il Giornale, Alfredo Mantovano, giudice della Corte d'appello di Roma ed ex sottosegretario all'Interno. - Il problema serio non è la conoscenza della norma, ma del fenomeno jihadista. Sostenere in sentenze che Ansar al Islam è un'organizzazione di resistenti o che il Gruppo salafita per la predicazione ed il combattimento algerino non è una formazione terroristica vuol dire non porsi il problema di una conoscenza adeguata». Purtroppo è capitato a Napoli e Milano nel 2004 e 2005 e continua ad accadere oggi. Lo scorso febbraio il gip di Lecce ha lasciato andare cinque sospetti con documenti falsi, filmati di bombardamenti ed attentati sui telefonini. Li considerava «profughi» anche se non avevano presentato alcuna domanda di asilo.

Per aiutare i magistrati a «formarsi» meglio sul fenomeno jihadista la Scuola superiore della magistratura organizza un solo corso per il prossimo anno diviso in 4 sessioni il 25-27 gennaio. Il motivo spiegato nella presentazione è chiaro: «Scandita dagli attentati, la disciplina antiterrorismo costituisce un vero e proprio sottosistema della giustizia penale». Peccato che la prestigiosa Scuola con a capo Valerio Onida, ex presidente della Consulta, preveda poco altro sul tema. Si parlerà brevemente di terrorismo solo nel corso su «Religione-Diritto-Satira». Nonostante al sistema di formazione dei magistrati concorra anche il ministero della Giustizia. In compenso viene ripetuto, per il grande successo dello scorso anno, il corso sull'«immagine della giustizia nell'arte, nel cinema, nella letteratura».

Il 3 dicembre nell'aula Magna Emilio Alessandrini, la Scuola della magistratura ha sponsorizzato un altro corso cruciale di questi tempi: «La tutela giuridica del sentimento per l'animale da compagnia e gli altri animali». Ironia della sorte il giudice Alessandrini è stato assassinato dai terroristi di Prima linea. Nei 112 corsi di formazione c'è di tutto dal «Diritto spagnolo» al corso sulla «Psicologia del giudicare». La «Giustizia al femminile?», che si propone «di verificare gli eventuali ostacoli ad una piena parità nella carriera» fra uomini e donne è un'altra pietra miliare.

Ai vertici della formazione sembrano non rendersi conto delle profonde lacune di molti magistrati, se non ignoranza, rispetto al terrorismo jihadista. O addirittura peggio, come nel caso del giudice di Pisa, Milena Balsamo, riportato da il Foglio. Il 17 novembre si è detta convinta che «quando si commettono eccidi come quelli contro gli algerini, quando si colonializza, e gli ex coloni vengono comunque emarginati, non puoi ipotizzare che quella dell'Islam sia solo una guerra di religione. In fondo che differenza noti tra gli eccidi dei terroristi e quelli dei paesi ex colonizzatori?».

Ideologie, che magari favoriscono gravi errori, come la scarcerazione nel 2008 del predicatore Bassam Ayachi arrestato a Bari e condannato ad otto anni. Poi assolto in Appello e partito per la Siria. Abachi era uno dei cattivi maestri del quartiere della capitale belga di Molenbeek, dove sono nati e cresciuti alcuni dei terroristi di Parigi ancora ricercati.

«Il problema principale è nella scarsa conoscenza del fenomeno - osserva Mantovano -

ma non escludo che in alcuni casi ci sia una sorta di effetto transfer aggiornato della lotta di classe. Ai proletari di 50 anni fa oggi si sostituiscono i combattenti dell'Islam, che sarebbero i nuovi anti capitalisti».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica