Se la privacy cozza con la prevenzione

Se la privacy cozza con la prevenzione

No, non sono giorni nei quali possiamo permetterci di baloccarci con i sofismi della privacy. Sono giorni di paura, di un'ansia che spesso tracima in paranoia. Nei quali ognuno di noi cerca di ricostruire, nei limiti del possibile, quello che ha fatto, i luoghi che ha frequentato, le persone che ha incontrato. Ma è un esercizio del tutto inutile, perché ci manca un tassello, uno strumento fondamentale: le generalità, il nome di chi è stato infettato. «È una questione di privacy», rispondono in coro gli addetti ai lavori. Risposta di prammatica, ma la prammatica fa a botte con l'unicità della situazione. Tra l'omertà assoluta e la caccia all'untore, esiste una via di mezzo, e spesso è proprio la prima a scatenare la seconda. Siamo sicuri che di fronte a una pandemia, un'emergenza globale, un virus invisibile che si propaga ovunque, si possano ancora utilizzare gli stessi standard di privacy che pratichiamo in situazioni non emergenziali? Perché io posso mettere in atto tutte le precauzioni che medici, scienziati ed epidemiologi mi suggeriscono, ma se non so il nome e il cognome di chi è affetto dal coronavirus, non solo rischio di fare del male a me stesso, ma posso essere un portatore sano della malattia e contagiare a mia volta le persone che mi stanno vicino. Col risultato che, per proteggere la privacy di una persona, mettiamo a rischio la salute di centinaia di altre. Perché, se non sappiamo esattamente chi è stato colpito dal Covid19, vediamo tutti come potenziali malati, aumentiamo il clima di sospetto e di paura.

Ed è proprio questo muro di opacità che genera isterie collettive: mascherine introvabili, genitori che si rifiutano di mandare i figli a scuola, ristoranti cinesi con le saracinesche abbassate e treni e aerei semivuoti. In un'era in cui social network e operatori digitali sanno tutto delle nostre vite e delle nostre abitudini, il rispetto della privacy è sacrosanto. Ma quando si ha a che fare con un pericolo sanitario mondiale è doveroso fare una deroga, adottare misure straordinarie e non rimanere impantanati nella palude delle regole ordinarie.

La capacità più importante, per un pubblico amministratore, è sapere gestire velocemente le situazioni di emergenza, se necessario venendo meno ad alcune regole. Altrimenti la privacy rischia di essere un potente alleato del virus. E non ne abbiamo bisogno.

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