Il virus nel girone dei disperati: "Sempre più italiani per strada"

Abbiamo passato del tempo con i volontari della Croce Rossa Italiana, impegnati a portare un pasto caldo ai senza tetto che, in questo momento in cui tutti dobbiamo restare a casa, una casa non ce l'hanno e sono costretti a vivere per strada

Il virus nel girone dei disperati: "Sempre più italiani per strada"

“State a casa” si legge sulle lenzuola appese dai balconi. Chissà cosa avrà pensato Concetta mentre lo leggeva dal basso verso l’alto. Stesa sul suo letto di cartone. “Sono qui dal due di marzo” ci racconta mentre i ragazzi della Croce Rossa Italiana le stendono una coperta sulle gambe. Per “qui” intende lo scalino di un bar chiuso a Largo Torre Argentina, Roma. “Ad aprile dovrò andarmene, riapriranno”, dice. Il proprietario di quell’attività sà bene già da tempo che non è così. A lei, che vive per strada senza essere travolta dall’ondata di notizie, rimane ancora quella speranza che tutto sia già finito e l’unica cosa a travolgerla in queste notti di inizio aprile è il freddo che ancora non lascia spazio alla primavera. Un vera congiura.

Due chiacchiere, un pasto completo e mezzo litro di thè lasciato nel suo zaino appoggiato sull’asfalto. Salutarla spezza il cuore. Ma gli uomini della Croce Rossa devono proseguire. Sono tante, tantissime, le persone da andare a trovare questa notte buia. Il silenzio fa da protagonista per le strade del centro di una Roma spettrale come non mai. I fagotti di coperte appoggiati alle pareti ai lati della strada svelano l’assurdità dell’esistenza di due mondi che ancora riescono a convivere. Chi si lamenta perché vuole uscire dalla propria casa. Si sente agli arresti domiciliari. Sbraita dalle inferriate delle finestre. E chi, invece, una casa non ce l’ha e forse, se davvero riuscisse a trovarla, da lì non uscirebbe per un po’. “Quando siamo in servizio prepariamo circa 50 pasti completi da distribuire”, ci spiega Emiliano. Non è una corsa la loro. Ma una staffetta lenta e curata. “Spesso qualcuno non vuole niente, ha solo bisogno di parlare. Sono persone sole. Fanno più due parole che del del cibo”, ci racconta.

Mentre li seguiamo con l’auto il ticchettìo della pioggia fine scandisce i minuti. Dalle gocce sul parabrezza vediamo i ragazzi con la tuta arancione avvicinarsi piano ad una signora col capo fasciato e la schiena appoggiata ad un muro. Dobbiamo stare distanti, i clochard potrebbero impaurirsi e poi “qualcuno si vergogna a farsi vedere così dalla telecamera”, precisa la volontaria della Croce Rossa. Ci avviciniamo piano piano. È una donna italiana, sulla sessantina. Gonna al ginocchio, calze che coprono solo fino al polpaccio. Niente coperte, né cibo. Lo sguardo impaurito. La voce fioca.

“Sono moltissime le persone italiane che vivono per strada. Stiamo notando sopratutto negli ultimi giorni un notevole aumento di persone che si rivolgono a noi anche vivendo in una casa, per avere dei pacchi alimentari. Stiamo vivendo nell’emergenza un dramma nel dramma e il problema sarà sicuramente nei prossimi mesi dove vedremo probabilmente un notevole aumento della povertà”, ci spiega la volontaria.

Ci sarà sempre più bisogno di sostegno. Quel sostegno che lo Stato non sta riuscendo a dare. Ed è questo che non fa fermare i volontari. Impauriti questo è certo. Perché il virus non risparmia nessuno. Neanche i più coraggiosi. Non premia i buoni. Non schiva chi fa del bene e loro questo lo sanno bene. “Abbiamo doppi guanti, mascherine, di tutto. Per noi e anche per quelli che incontriamo, che al contrario nostro non hanno protezioni e rischiano in ogni momento di essere attaccati dal mostro invisibile”, ammette Stefano.

E nella propria disperazione c’è chi si consola, convinto di non aver niente da perdere. “Hai paura del virus?”, chiediamo a George mentre sistema la sua tenda per non far penetrare la pioggia. “Se io ho paura del virus? Se muoio oggi o muoio domani cosa cambia?”

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