Un imprenditore edile di 68 anni si è suicidato nella sua abitazione dopo avere appreso che la Corte d'appello di Catania aveva assolto un dipendente comunale che aveva denunciato per concussione nel 1993, condannandolo al pagamento delle spese. La sentenza è stata depositata stamattina. L'uomo si è ucciso sparandosi un colpo di pistola alla testa. L'arma era detenuta legalmente. Sul posto sono intervenuti i carabinieri della compagnia di Randazzo. Il suicidio è stato scoperto dai familiari dell'uomo, nella loro casa di Linguaglossa. "Nulla faceva presagire un gesto del genere", commenta il suo legale, l'avvocato Rosario Pennisi che stamattina gli ha reso noto la sentenza della Corte d'appello di assoluzione dell'imputato perchè il fatto non sussiste. L'ultima udienza del processo era stata discussa ieri. Il lungo iter giudiziario era stato avviato nel 1993 quando l'imprenditore aveva dei lavori edili bloccati.
L'uomo aveva accusato un dipendente di un Comune vicino di essere il responsabile dello stop, lo aveva denunciato per concussione e si era costituito parte civile nel processo, che era diventato "la sua vita", scrivendo di proprio pugno numerosi memoriali. In primo grado, nel 2001, il dipendente era stato condannato e la sentenza era stata confermata in appello, nel 2006. Nel 2010 però la Cassazione aveva accolto il ricorso dell'imputato e annullato con rinvio, anche perchè la sentenza di secondo grado era stata scritta a penna e la Suprema Corte l'ha ritenuto in parte illeggibile e quindi incomprensibile.
Ieri l'ultima parola giudiziaria, con la Corte d'appello di Catania che ha assolto il dipendente comunale. L'imprenditore ha avuto così i lavori ancora bloccati e le spese legali e processuali da sostenere. Ha perso quella che era per lui la battaglia più importante, quella della "sua vita".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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