La sinistra riparta dal compagno Fedez. Da Marx al divo che vende qualunque cosa, musica leggera e smalto per le unghie, c'è una linea diretta e coerente. Lo diceva Augusto Del Noce, inascoltato: la sinistra diventerà un partito radicale di massa, la rivoluzione passerà dalle fabbriche alle camere da letto. Fedez che parla di diritti civili dal palco del 1° maggio, festa del lavoro, è la dimostrazione plastica della bontà dell'intuizione del filosofo. Il lavoro, alla sinistra, non interessa più. Contano solo i diritti delle minoranze, ed è un peccato, non solo verso la storia della sinistra stessa, perché oggi sarebbe indispensabile una voce che facesse da freno agli eccessi nel campo del lavoro, sconfinante, in alcuni settori, nella schiavitù (chiedere a rider e braccianti per i dettagli). Al contrario, la sinistra appoggia gli eccessi, a patto che giovino agli imprenditori amici, tu chiamale se vuoi: finte liberalizzazioni di Pierluigi Bersani, che hanno spinto fuori dal mercato i piccoli investitori per lasciare tutta la torta ai grandi (chiedere a farmacisti e simili per i dettagli). Abbandonati i lavoratori, che non a caso, avendo mangiato la foglia, da qualche tempo votano a destra, la sinistra si è gettata sui diritti civili. Voi direte: ma sono sacrosanti. E noi risponderemo con le parole di Giovanni Sartori, uno dei maestri della sinistra moderna, prima che Fedez ne prendesse il posto: i diritti di cittadinanza dello Stato liberale, che sottraggono l'individuo all'arbitrio perché le leggi si applicano senza alcuna distinzione, sono intoccabili. Al contrario, la moltiplicazione dei diritti, attribuiti in funzione dell'appartenenza a una minoranza (etnica, culturale, sessuale) e protetti da leggi ad hoc, porta alla frammentazione e reintroduce l'arbitrio. Allo Stato è attribuito il dovere di intervenire e il potere di decidere cosa si può fare e cosa si può dire. Il colossale passo all'indietro porta a una visione autoritaria dello Stato, che concede al cittadino i diritti, uno ad uno, a suo piacimento. La libertà è l'esatto contrario di questa «elargizione», e prevede che lo Stato legiferi su poche e universali materie. La libertà rispetta il pluralismo che lo Stato annienta assimilando ogni differenza, oggi possiamo dire: per metterla al servizio del consumismo omologante, dobbiamo essere tutti uguali alla cassa del supermercato globale, per semplificare gli affari.
Gli intellettuali progressisti, cioè i Fedez, sono i chierici coccolati dal sistema, altro che trasgressione, la loro è al massimo una trasgressione consentita, la parodia dell'indipendenza di giudizio recitata da chi sfonda porte spalancate, fingendo di compiere chissà quale impresa mentre liscia il pelo al conformismo. Non è così? E allora perché il potere, invece di perseguitarli, premia questi commedianti con montagne di visibilità e di pecunia, chiedere a Fedez e soci per i dettagli?
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