Lunedì il Tesoro effettuerà una nuova emissione del Btp Italia, il bond «patriottico» tanto sponsorizzato e che, almeno nelle intenzioni del governo, dovrebbe raccogliere dalle famiglie italiane risorse finanziarie necessarie a coprire parte dell'extra deficit che si è creato per effetto della crisi economica e finanziaria da Coronavirus. In cuor nostro, auspichiamo che il collocamento abbia successo, ma le premesse di mercato non sono per nulla buone. Per via di diverse motivazioni.
La prima è data dai precedenti: l'ultima emissione si è rivelata, infatti, un flop, dando corpo ai timori tecnici espressi alla vigilia. Come previsto, i mercati finanziari hanno prezzato la frammentazione del pool di liquidità, chiedendo maggiori rendimenti sullo stock di debito circolante. D'altra parte, le emissioni riservate al segmento retail interno presentano un'alta difficoltà di execution: se il book dell'offerta non è costruito bene, il rischio è comunicare ai mercati una misura precisa della scarsa fiducia interna, che si trasmette immediatamente nel modello di stima del rischio di credito. Il superbonus, riconosciuto dal Tesoro a coloro che mantengono fino a scadenza il titolo, rende il titolo stesso e i conti correnti dei risparmiatori immediatamente illiquidi. Mentre il sistema bancario è stato coinvolto - attraverso il mostruoso e mastodontico sistema delle garanzie statali, come da recente decreto - nel processo di fornitura di liquidità alle imprese, di converso, la loro fonte di raccolta meno costosa, ovvero le giacenze sui conti correnti, con i Btp Italia vengono dirottate verso strumenti illiquidi, riducendo così i mezzi a fronte di un'aumentata richiesta di impieghi. D'altra parte, l'idea di finanziare il debito pubblico col risparmio non speculativo, è da considerarsi eccellente. Ma essa va sviluppata con altre modalità, finalità e con altri orizzonti temporali.
Infine il timing. Nel momento in cui è necessario stimolare i consumi aumentando la liquidità in circolazione, il «bond patriottico» induce ad un aumento del risparmio. L'impressione che se ne ricava è che la mano destra non sappia ciò che fa la mano sinistra. Nella foga di rincorrere il momento, tutti fanno e nessuno pensa.
Come macroscopicamente contraddittoria appare la dichiarazione del presidente del Consiglio Giuseppe Conte dell'altro giorno: «L'Italia non farà ricorso al Meccanismo Europeo di Stabilità, ma è pronta a ripensarci nel caso anche la Francia lo usi». Abbiamo fatto uno sforzo non indifferente nel tentativo di capire il senso di una dichiarazione del genere, priva di qualsiasi razionalità economica, finanziaria e politica. Qual è lo scopo di dichiarare di volersi servire di uno strumento finanziario solo a patto che lo usi anche un altro? Non riusciamo proprio a trovare una ragione. Soprattutto perché non ci sarebbe nessun vantaggio per l'Italia dal fatto che la Francia usasse anch'essa il Mes, o meglio la linea di credito speciale dello stesso (enhanced credit line). Anzi, il problema sarebbe semmai il contrario: se anche la Francia utilizzasse il fondo, ci sarebbero meno risorse a disposizione, e i tempi quasi sicuramente si allungherebbero, perché siccome il Mes non ha attualmente risorse sufficienti per prestare soldi a Francia, Italia ed altri Paesi (in cassa ha infatti «soltanto» 65 miliardi di euro), si dovrebbe indebitare sul mercato, con dei tempi che sarebbero almeno di tre mesi. In secondo luogo, Francia e Italia non hanno la stessa convenienza finanziaria ad attingere al Mes. Se si considera, infatti, che il prestito del Meccanismo Europeo di Stabilità ha scadenza decennale, bisogna comparare il tasso su quel prestito con il rendimento decennale che si registra attualmente sui mercati finanziari per i titoli di Stato italiani e francesi. E su questi la differenza è evidente. Se sugli Oat decennali francesi, infatti, il rendimento è pari a zero, quindi inferiore all'interesse applicato sul prestito del Mes (il rendimento marginale è di solo lo 0,1%, al quale bisogna poi aggiungere una commissione up-front e una per la gestione), sui nostri Btp decennali il rendimento è di poco inferiore al 2,0%, quindi ben superiore a quello del Mes. Italia e Francia sono quindi in una situazione finanziaria effettivamente differente.
Una situazione della quale il premier Conte non sembra tener conto in alcun modo, perché anche lui, come i sovranisti di casa nostra, tanto di maggioranza quanto di opposizione, analizzano il Mes attraverso la lente ideologica e non, come si dovrebbe, attraverso quella meramente finanziaria. Anche in questo caso, come nel Btp Italia, troppa ideologia, nessuna razionalità.
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