Se levano le tende anche loro, dev'essere tutto vero. Quei marchi intrisi di familiarità, memoria, «enormità», un traffico di clienti che paralizzava le strade, e ora, al massimo, imbottiglia le fanpage sui social network, incredule e nostalgiche anzitempo. Negozi, testate giornalistiche, perfino personaggi di celluloide. Persino il sacro sorso di birra bevuto al sacro, insostituibile pub. Una delle linfe più vitali nel mercato britannico, cioè l'industria delle bevande alcoliche: in meno di 4 anni, in Inghilterra, ha fatto chiudere 6.000 pub, con un crollo del 15% delle vendite di birra. Il regime fiscale (introdotto nel 2008) prevede infatti un aumento annuale sulla singola pinta del 2%; in quattro anni le tasse sulla birra sono arrivate al 40%. Troppo, per non mobilitare una petizione intitolata «Save your pint» (Salva la tua pinta). L'obiettivo? Bloccare gli aumenti delle tasse sulla birra. Un documento che sarà discusso in Parlamento il prossimo giovedì.
Ne sa qualcosa lo «storico» McDonald di Milano che, dalla Galleria Vittorio Emanuele, si è appena congedato per sempre. Col saluto amaro di 40 milioni di clienti nei suoi anni di attività. Tra i locali storici a chiudere la saracinesca, assaporati presto o tardi da tutto il mondo,è stato anche il«Fish&Chips ». La catena di «pesce e patatine » del Regno Unito, è uscita dal mercato lo scorso novembre dopo ottantatre anni di produzione e popolarità. Un marchio che, solo a pronunciarlo, dava già l'impressione di masticare il suo semplice e rinomato piatto forte. Un passo triste e difficile che il «Cabaret Village», proverbiale locale di New York dove aveva esordito Bruce Springsteen, aveva fatto addirittura nel 2003. Ma i nostri sono tempi peggiori.
Tempi in cui ci lascia il «Tre Corone», a Verona. Uno sfondo secolare, ai cui tavoli avevano brindato Maria Callas, Luciano Pavarotti, Carla Fracci. Soavi ed eterni, i suoi ospiti, ma schiacciate dal gravame della crisi, le sue finanze, che erano state rilevate dieci anni prima da Giovanni Rana ( il re dei tortellini).
E c'è chi ha ipotecato un grattacielo, progettato e firmato a New York da Renzo Piano. Era la sede del New York Times , e la crisi, già quattro anni fa, prometteva di farsi soffocante. Una manovra, quella del New York Times , volta a raccogliere 225 milioni di dollari di liquidità.
In profonda crisi addirittura il progetto Erasmus. L'iniziativa che per venticinque anni ha consentito scambi culturali e viaggi indimenticabili agli universitari d'Europa. Il piano di risanamento passerà per le mani di Janusz Lewandowski, Commissario al Bilancio, e se Consiglio e Parlamento approveranno, gli Stati europei verseranno quel manca. Il buco precisa il Commissario Lewandowski - è di 10 miliardi di euro: una voragine di panico per milioni di studenti. Blockbuster, simbolo internazionale di un'era in vhs, ha chiuso (proprio tutti) i battenti in Italia dopo diciotto anni. Il «cinema a casa tua», affondato da Netflix (noleggio di dvd e videogiochi online) prima in America e poi nel nostro Paese.
Ma se diciotto anni già segnano un'epoca, che dire di un marchio che ha servito il mondo per 277 anni? Richard Ginori, la fabbrica di porcellane di Sesto Fiorentino, che ha sfornato articoli di pregiatissima porcellaneria, calcando e incrociando due secoli e mezzo di storia, crolla sotto il peso di 70 milioni di debiti. Nessun fallimento dichiarato, ma i 337 dipendenti sono in cassa integrazione.
Neanche L'Uomo ragno ha trovato scampo nella crisi. Un mercato complicato anche il suo. Il personaggio di Spiderman (che, per metà, nella vita, è sempre stato il fotografo Peter Parker) si dà alla ricerca scientifica nei nuovi volumi di Marvel. Il motivo? Adeguare la sua sceneggiatura alla vita reale, dove un freelance ha un raggio d'azione molto più limitato di uno scienziato coi contatti giusti. (Questo, almeno, secondo i suoi autori). E anche in casa nostra, i vip in carne ed ossa lamentano la crisi. La Gialappa's giura che «non ci resta che fare i cuochi in qualche talent show », perché i loro progetti non vanno in porto finché le attuali condizioni dell'economia impediscono la copertura dei costi.
Avvolte nel mantello della crisi economica, le nostre piccolegrandi icone: tramortite dallo spettro della recessione, quasi minacciano una ad una di dare forfait al mercato.
Ci abbracciano in un saluto grato, speranzoso di tornare, che tanto somiglia alla nostra lotta quotidiana per convivere con la strettoia, in attesa di attraversarla una volta per sempre.
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