Le "spy app" non valgono in tribunale e si rischia la denuncia

Le leggi sulla privacy valgono anche per le "spy app", le applicazioni che permettono di spiare il telefono di un'altra persona

Le "spy app" non valgono in tribunale e si rischia la denuncia

Al tempo di internet e degli smartphone le separazioni tra marito e moglie sembrano essere maggiori anche a causa dei tradimenti scoperti proprio attraverso le nuove tecnologie.

Quello che non è molto noto, però, riguarda le denunce che si possono ricevere quando si viola la privacy dell'altro. Sono moltissime ormai le applicazioni che permettono di spiare il cellulare di un'altra persona, le cosiddette "spy app" e una moglie di Torino, adesso, ne è certamente consapevole.

Come riporta La Stampa la donna voleva dimostrare in tribunale l'infedeltà del marito e per farlo si è servita di un "detective" che le ha consigliato di spiarlo attraverso un'apposita applicazione da istallare sullo smartphone. L'uomo però ha capito che qualcosa non andava e dopo essersi rivolto alla polizia postale ha denunciato la moglie.

L'investigatore assunto dalla donna è stato invece arrestato perché si è rivelato essere un truffatore specializzato in raggiri e nell'utilizzare carte di credito clonate. La violazione della privacy attraverso le nuove tecnologie ha le stesse regole delle riprese audio-video e i protagonisti delle "intercettazioni" devono quindi sapere della presenza delle app nei propri telefoni.

La più famosa matrimonialista d'Italia, Annamaria Bernardini De Pace, ha parlato del problema, ormai molto diffuso nelle aule di tribunale: "Ormai messaggi, chat e screenshot di conversazioni sono accettati come prove in quasi tutte le cause di separazione.

Il rischio è di ricevere una denuncia penale in separata sede, ma per evitarla basta, in presenza di sospetti o di messaggi accertati, richiedere al gestore telefonico, tramite il tribunale, il traffico telefonico del cellulare incriminato. E il gioco è fatto".

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