Squadristi camuffati

I veri estremisti sono a sinistra: un gruppo di attivisti impedisce l’intervento del ministro Roccella a Torino. Il centrodestra: "Attacco illiberale". Denunciati in 29

Squadristi camuffati
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Si può essere o meno d'accordo con le posizioni di Eugenia Roccella sull'utero in affitto, i diritti Lgbt o quant'altro. Non è questo il punto se si vuole esprimere un giudizio sull'orrenda gazzarra che ieri ha impedito al ministro della Famiglia e delle Pari opportunità di parlare al Salone del libro di Torino, quello che dovrebbe essere il tempio della cultura, del dialogo e del confronto. L'episodio appare, infatti, come un tuffo indietro nel tempo, negli anni '70. Solo che si tratta di una nostalgica parodia di ciò che fu, non di una sua riedizione: sparite almeno sulla carta le ideologie del secolo scorso (nel '68 in qualche modo la cultura c'era), ieri sono stati reiterati solo i comportamenti. È andato in scena uno strano gioco di specchi in cui uno strambo coacervo di pseudo-ambientalisti, pseudo-femministe, pseudo-comunisti che ha tolto la parola alla Roccella alla fine si è rivelato per quel che era: un gruppo di fascisti camuffati. Squadristi non nel pensiero ma, appunto, nei comportamenti. Il che è peggio. Assertori di poche idee, estremamente confuse, che per imporsi debbono ridurre gli interlocutori al silenzio. Con i rituali del passato magari imparati a memoria in qualche pellicola polverosa da cinema d'essai: proclami, accuse, slogan e cori da stadio e la portavoce che sul palco legge un comunicato dal significato ermetico, con una prosa da assemblea liceale. E meno male che era il Salone del libro! Gli estensori di quel ciclostile, pardon di quella paginetta scritta sul pc, di libri ne debbono aver letti ben pochi. Tant'è che danno vita ad una pagina della commedia dell'assurdo: denunciano un clima da regime, parlano di svolta a destra autoritaria, insomma paventano l'avvento di un nuovo fascismo come hanno fatto in questi mesi i loro fratelli maggiori, ma agiscono esattamente secondo logiche che nell'immaginario collettivo richiamano allo squadrismo. Un testacoda intellettuale, sempreché questa volta l'intelletto c'entri in qualche modo.

Eh sì, perché che cosa c'è più di intellettuale, di intrigante sul piano culturale, di un confronto tra diversi? Nulla. A meno che a qualcuno non piaccia la cappa da pensiero unico, quella che impongono le dittature, i regimi. Dittature che non debbono essere per forza politiche, ma possono anche essere solo culturali. In fondo è la pretesa che hanno sempre avuto certi salotti di sinistra, circoli ristretti che si atteggiano a liberal ma in fondo non accettano un altro punto di vista qualunque esso sia: si nutrono della religione del rispetto del «diverso» ma il «diverso» da rispettare è solo quello che scelgono loro; quello che, invece, non la pensa come loro è «out», diventa di botto un fascista. E non c'è nulla di più tragico, di più pericoloso di chi si sente depositario di una verità, di chi non coltiva insieme alle proprie convinzioni pure la categoria del dubbio. È tutto qui il seme velenoso dei totalitarismi. È la grande contraddizione di chi si atteggia a liberal e poi aspira a cancellare il passato. Di chi non accetta neppure l'idea che qualcuno possa pensarla al contrario. Di chi non rispetta la libertà di pensiero e paventa il ritorno del fascismo comportandosi da fascista.

E fa una certa impressione scoprire al Salone del libro di Torino che per una certa sinistra anche quella vecchia frase attribuita a Voltaire dalla scrittrice Evelyn Beatrice Hall, stracitata addirittura da un antifascista come Sandro Pertini, sia finita in soffitta: «Non sono d'accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu possa dirlo».

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