Strappata ai genitori ancora prima di venire al mondo. Chiara (nome di fantasia ndr) oggi ha appena 2 anni. I suoi genitori, lei non li ha mai visti. L’ospedale in cui è nata infatti era già in contatto con gli assistenti sociali e, in sole due settimane, la bambina è stata tolta alla mamma e al papà e resa adottabile. Ancora prima di nascere, il destino di Chiara, era già scritto. A decidere della sua vita erano stati i servizi sociali di Bologna, città ad un’ora di strada da Bibbiano, palcoscenico degli scandali emersi nell’inchiesta Angeli e Demoni, con una lettera inviata all’ospedale dove la madre della piccola avrebbe dovuto partorire da lì a poco.
Nella mail, recapitata da un’assistente sociale del servizio ospedaliero agli operatori della struttura, ben venti giorni prima della nascita di Chiara, si segnalava, senza scrupoli, la “grave situazione sociale” della madre. Motivo per il quale, come si legge nel testo della mail, “nel caso in cui la signora dovesse partorire è necessario trasferire il neonato in neonatologia al fine di verificare le capacità genitoriali della signora e del compagno”. Per gli psicologi dunque era necessario valutare se la madre di Chiara fosse idonea a svolgere il suo ruolo di genitore senza, però, darle la possibilità di stare con la bambina. Dovevano capire l’affidabilità della mamma, la sua lucidità mentale. Una lucidità compromessa visto che avevano deciso di toglierle la figlia ancora prima che riuscisse a vedere il suo primo sorriso.
Una storia che aggiunge un altro tassello al complicato giro di affidi dei minori in Italia. Una storia che, ancora una volta, fa pensare che i “demoni di Bibbiano” siano solo la punta dell’iceberg. Ma perché la madre di Chiara fu segnalata dagli assistenti sociali?
La sua storia
Vittoria segue le orme del padre e diventa medico. La sua è una famiglia piuttosto benestante. Ma, negli anni, Vittoria, soffre di problemi psichiatrici molto seri e inizia a farsi seguire da uno dottore. Ed è proprio per questo che finisce sotto l’osservazione degli assistenti sociali. Conosce un uomo sui social network, come ormai capita a molti, è di origine turca, arrivato in Italia con documenti regolari con i quali ha ottenuto il permesso di soggiorno. I due decidono di sposarsi e un giorno Vittoria rimane incinta. Chiara nasce il 25 luglio del 2017, ma già il 4 dello stesso mese all’ospedale era arrivata la fatidica lettera che segnava le sorti della piccola. Il 2 agosto il pm di Bologna presenta un ricorso. In cui, ancora una volta, viene richiesto di verificare la capacità genitoriale di Vittoria e del marito e controllare le condizioni della bambina. Il 4 agosto, due giorni dopo la richiesta del pm, i servizi sociali prelevano la bambina. In sole 48 ore senza considerare le tempistiche necessarie a fare valutazioni di questo tipo e a comprendere se fosse necessario prendere decisioni così drastiche, i servizi sociali strappano la neonata dalle braccia dei suoi genitori. Tuttavia, gli psicologi si affidano all' articolo 403 del Codice civile, che dice: “Quando il minore si trova in una condizione di grave pericolo per la propria integrità fisica e psichica la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia, lo colloca in luogo sicuro sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione”. Dunque, l’articolo consente ai servizi sociali di allontanare i figli ai genitori senza dover prima passare per l’approvazione di un giudice. Una misura che però, per essere applicata, dovrebbe riferirsi a casi eccezionali, situazioni estreme.
Ma nel caso di Chiara, il motivo che abbia portato alla decisione degli assistenti sociali rimane un quesito irrisolto. Un mistero. “Il pm, infatti, spiega l’avvocato Francesco Miraglia, legale della madre, aveva già fatto ricorso chiedendo di fare verifiche”. Verifiche che non sono mai state fatte. “Non si comprendono allora le ragioni di urgenza che avrebbero determinato l’applicazione del 403. Che, con tutta evidenza, è stata illegittima” aggiunge l’avvocato. Ad ogni modo la bambina è stata prelevata e affidata a una casa-famiglia. ll 10 agosto del 2017, il Tribunale di Bologna apre il procedimento di adottabilità di Chiara. Data che, secondo quanto dichiarato dal giudice, si tratterebbe di un “errore materiale”. Ma l’avvocato Miraglia non crede a questa posizione. Le cose per il legale erano già state scritte: “Sono certo che avessero già deciso tutto prima ancora che la bambina nascesse. Ci sono anche le mail inviate dai servizi sociali all' ospedale. Per di più, tra l’applicazione dell'articolo 403 e il provvedimento del Tribunale passa meno di una settimana: non c'erano proprio i tempi tecnici. Questo significa che tutto era già pronto prima”. Un decreto del Tribunale di Bologna del 21 giugno 2018 spiega che Chiara non può tornare a vivere con i suoi genitori. Secondo gli psicologi “il padre è una risorsa affettiva sufficientemente valida ma con elementi di fragilità individuati in un deficitario processo di integrazione nel tessuto socio ambientale e di una ridotta consapevolezza del problematico assetto mentale della moglie”.
La vita di Vittoria
Secondo lo psichiatra mamma Vittoria oggi sta molto meglio. È costantemente seguita e, consapevole della sua situazione, segue le cure indicate dai medici che la definiscono in gergo tecnico “compensata”. Ha ripreso a lavorare, scrive articoli scientifici per riviste importanti e conosciute. In più i due hanno una propria casa, e i genitori materni sono costantemente presenti e disponibili ad aiutare la famiglia. Il padre, accusato dal tribunale di essere poco integrato e di non conoscere bene la lingua, vive in Italia ormai da due anni e non ha problemi con l’italiano. Insomma, pare che la sua unica colpa sia vivere in un paese che non è il suo. Senza aver mai subito nessuna violenza, senza che mai i suoi genitori l’avessero maltrattata, abbandonata, molestata, Chiara è stata strappata dalla sua famiglia, e non potrà mai vivere con i genitori che l’hanno messa al mondo. Il Tribunale scrive che “secondo le linee guida per la valutazione clinica e l’attivazione del recupero della genitorialità nel percorso psicosociale di tutela dei minori del Cismai”, Vittoria e suo marito non sono idonei a fare i genitori.
Ora viene da domandarsi: ma come è possibile valutare l’operato di due genitori senza che questi abbiano vissuto con la propria figlia neanche un giorno della loro vita? Come è possibile sapere le condizioni in cui avrebbe vissuto la piccola ancor prima che venisse al mondo? Ancora una volta ci troviamo d’avanti ad un sistema che lascia spazio a troppe domande. Domande che i genitori, vittime innocenti delle scelte di psicologi, giudici e assistenti sociali, si pongono ogni giorno e a cui nessuno riesce a dare risposte. Ancora oggi tutta la famiglia di Chiara è pronta ad accogliere la bimba. Ci sono parenti, tra cui i nonni, che potrebbero tenerla in affido, ma neanche a loro è consentito stare con lei. Come i genitori, possono vederla solo un’ora al mese.
”Siamo sicuri che la Corte d’Appello di Bologna saprà valutare i fatti e alla piccola restituirà i suoi genitori e la sua famiglia”, dice l’avvocato Miraglia. Nella speranza che un giorno Chiara possa davvero conoscere la sua vera casa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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