Prima ancora della confessione, a incastrare Manuel e Riccardo è stata una semplice frase pronunciata in una stanza della caserma dei carabinieri prima di essere interrogati.
I due amici killer non sapevano di essere intercettati e, nell'attesa di essere sottoposti alle domande degli inquirenti, si sono accertati che il loro piano andasse come avevano progettato. "Te li sei tolti i calzini?", sussurra uno dei due all’altro. "Sì". "E quelli?". "Sono puliti". "E le scarpe?". "Le ho cambiate, guarda...". È bastata questa breve conversazione a far capire agli investigatori che i ragazzini non erano estranei ai fatti.
In particolare è Riccardo Vincelli, il figlio 16enne della coppia uccisa a colpi d'ascia nel Ferrarese e mandante dell'omicidio, a preoccuparsi che il suo amico Manuel, 17enne e autore materiale del massacro, non abbia addosso indumenti sporchi di sangue. Si accerta che non gli siano sfuggiti quelli che lui ritiene piccoli dettagli in grado di smascherarli. E l'amico si toglie le scarpe, gli mostra le calze pulite, gli dice che quelle sporche erano nel borsone finito nel canale assieme agli altri vestiti sporchi di sangue e all'arma del delitto. Insomma: "Non preoccuparti, è tutto ok".
Nonostante i maldestri tentativi di depistaggio, è Manuel il primo a crollare, confessare e a spiegare agli inquirenti la storia dei calzini: "Ne avevo messi due paia l'uno sopra l'altro", dirà al pubblico ministero Silvia Marzocchi della procura dei minori di Bologna. "Il paio sopra l'ho tolto e l'ho messo nel borsone che abbiamo buttato nel canale". In quel borsone ci sono finiti i pantaloni, le scarpe, il maglione, la bandana che Manuel aveva legato sul volto per non essere riconosciuto, anche se ha colpito al buio Salvatore e Nunzia, vecchi amici della sua famiglia.
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