A Tor Sapienza i rom vincono sullo Stato

Spazzatura ovunque, roghi tossici e criminalità dilagante. La morte della giovane cinese riporta alla luce il degrado di Tor Sapienza generato dalla presenza del campo rom di via Salviati

A Tor Sapienza i rom vincono sullo Stato

“Noi ci sentiamo un po’ ospiti di questo quartiere. Non vogliamo attaccare i rom e il dolore non ha gli occhi a mandorla o la pelle nera ma chiediamo legalità e qui le istituzioni sono completamente assenti”. Le parole di Roberto Torre, presidente del comitato di quartiere di Tor Sapienza, esprimono tutta la rabbia e lo sconforto dei residenti della periferia Est di Roma dove lo scorso 5 dicembre è morta Zhang Yao, una giovane cinese travolta da un treno mentre inseguiva i ladri che l’avevano appena derubata.

Ladri che, secondo le indagini, provenivano dal vicino campo di via Salviati, nato nel 1996 per volontà dell’allora sindaco Francesco Rutelli, principale causa del degrado della zona incontrollata e off-limits anche per le forze dell’ordine. La delibera che lo istituiva prevedeva che vi dovessero vivere solo 230 rom e soltanto per 6 mesi eppure “l’ultimo censimento diceva che erano 800, poi alcuni li avevano trasferiti ma ora sono più di prima”, spiega al Giornale.it Torre.

La rabbia dei residenti di Tor Sapienza

In realtà si tratta di due campi, abitati da due etnie, bosniaci e sinti, che faticano già da sole a convivere tra loro. Sebbene il campo sia situato a pochi metri di distanza dall’ufficio immigrazione della questura di Roma, tutta l’area è una discarica a cielo aperto con tonnellate di rifiuti accatastate lungo la strada. A livello igienico il campo versa in condizioni molto precarie ed i bambini sono costretti a vivere in mezzo ai topi perché, come è noto, i rom sopravvivono facendo una “propria raccolta differenziata”. Rovistano i cassonetti della Capitale in cerca di ferro e rame, poi portano tutti i rifiuti nel loro campo dove separano la spazzatura e bruciano quello che non gli serve generando dei roghi tossici altamente dannosi per la salute dei residenti, come è già stato testimoniato dal Giornale.it. “Da più di 20 anni siamo intossicati dai roghi tossici. In questi giorni stanno dando un po’ di decoro al quartiere e vicino al campo. Mentre si fa questa bonifica riscoppiano incendi di tutta la spazzatura e tutti i cumuli di rifiuti che circondano il campo”, spiega ancora il presidente del comitato che ci ha traghettati, come Caronte, nei luoghi infernali dove è stata uccisa la ragazza cinese.

“Quel campo è una zona franca, lì dentro non ci entra manco la polizia. Per riuscire a pulire l’esterno del campo ci sono voluti una trentina di celerini. Una cosa simile non succede neanche in un paese del Terzo mondo”, ci racconta Paolo, un residente che abita a Tor Sapienza dal 2006. “Questa è terra di nessuno, zona off-limits. Sono stati malmenati dei giornalisti e al vicecapo dei vigili urbani è stato rotto il setto nasale”, gli fa eco Torre che ricorda con nostalgia gli anni ’70 quando il quartiere era ancora immerso nel verde e sua nonna andava a raccogliere la cicoria sotto casa. Ora, invece, “qui, la sera, dopo che chiudono i negozi, c’è un auto coprifuoco, nessun residente esce più perché non sa a cosa va incontro”, ci dice.

I residenti chiedono a gran voce legalità e sicurezza svelandoci un retroscena inquietante: solo venti giorni prima della morte della cinese un’altra ragazza era stata aggredita da alcuni uomini che volevano portarle via il cellulare. Il problema è che qui “c’è solo una pattuglia esterna dei vigili che non serve assolutamente a nulla”, attacca Paolo che, preso dalla rabbia, ci chiede: “Tu paghi la luce, l’acqua e la tassa sui rifiuti? Tu mi devi spiegare perché queste persone non pagano niente. Io non voglio essere meglio degli altri. Perché queste persone devono stare qui a delinquere e senza fare nulla?”

Il precedente dei rom

Quasi sicuramente è la stessa domanda che si stanno ponendo gli amici e i familiari della giovane che temono che non otterranno mai piena giustizia. I cinesi, anche quelli che lavorano nei capannoni della vicina via dell’Omo e che frequentano la pagoda, si sono trincerati dietro il massimo riserbo. Non è la prima volta che la vita di una comunità straniera viene sconvolta da un atto delinquenziale compiuto dai rom che vivono nei campi. La morte di Zhang è una disgrazia che “fa tornare al giorno tragico del giugno 2015 quando perse la vita, in una analoga vicenda, Corazon Abordo, la madre filippina che fu travolta e uccisa davanti alla stazione Metro di Mattia Battistini da un rom minorenne alla guida di un bolide fuori controllo per sfuggire alle forze dell’ordine. Dopo alcuni mesi il giovane omicida di Corazon ebbe la possibilità di essere affidato in comunità per il recupero. Non fece neanche un giorno di carcere”, ricorda Giorgio Mori, responsabile romano del settore immigrazione di FdI che, in qualità anche di avvocato immigrazionista, frequenta spesso l’ufficio della questura e conosce bene i problemi della zona.

Le soluzioni della politica

Da un lato ci sono i residenti che chiedono l’intervento della politica per riportare la legalità nel quartiere e dall’altro ci sono i rom che vivono in condizioni impietose e chiedono che il Comune dia loro un’alternativa. “Ho 8 figli e il più grande ha 16 anni. Vorrei una casa sistemata bene e un lavoro. Devo fare la domanda per la casa popolare”, ci dice una residente del campo. A tal proposito Marcello Zuinisi, il rappresentante legale dell' associazione Nazione Rom, e Lorenzo Botta, neo comandante dei vigili urbani in rappresentanza della sindaca Raggi e dell’assessora alle Politiche sociali Laura Baldassarre, hanno firmato un documento che preve il rispetto della direttiva europea sull’inclusione. Tradotto: volenti o nolenti, i rom hanno diritto ad avere una casa.

E, in questo contesto, la politica si interroga nuovamente sul da farsi. Una delegazione della commissione d’inchiesta sulle periferie pochi giorni fa ha visitato il campo per fare il punto sulla situazione. Persino un deputato del Pd è giunto alla conclusione che il campo di via Salviati va smantellato: “Penso che un campo come questo andrebbe chiuso collocando le persone in condizioni più civili. Non è un livello di civiltà accettabile come Roma. C’è bisogno di una cabina di regia tra le istituzioni perché non possono essere i vigili urbani a regolare le cose”, dice Marco Miccoli. Per Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia, invece, la soluzione è creare “dei campi temporanei dove poter sostare al massimo 6 mesi, scaduti i quali, i rom devono scegliere se integrarsi cercando un lavoro onesto e rispettando le regole”. I Cinquestelle, invece, brillano ancora una volta per soluzioni fantasiose. “Noi abbiamo già presentato una memoria di giunta per la progressiva chiusura dei campi rom nel giro dei prossimi 3-5 anni e prevediamo che queste persone possano fare il riciclo della spazzatura, del ferro e del rame costituendosi anche in cooperative, rientrando così in un circuito di legalità”, ci ha spiegato Mario Podeschi, vicepresidente e assessore alle Politiche sociali del quinto Municipio su cui ricade la responsabilità di Tor Sapienza.

Dopo un’oretta il drappello di politici, forze dell’ordine e giornalisti se ne va, la vita nell’insediamento riprende, indisturbata, da dove s’era interrotta e la sensazione dei residenti è che passerà molto tempo prima che venga realizzato lo sgombero del campo.

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