Vallanzasca, no dei giudici alla libertà condizionale

Vallanzasca reste in carcere. Così i giudici del Tribunale di Sorveglianza di Milano, presieduti da Marina Anna Luisa Corti, motivano il rigetto dell'istanza con cui la difesa del 'bel Rene" chiedeva la semilibertà o la liberazione

Vallanzasca, no dei giudici alla libertà condizionale

Alla richiesta di libertà condizionale, la difesa aveva allegato una relazione degli operatori del carcere di Bollate in cui si sosteneva che Renato Vallanzasca, uno dei protagonisti più significativi della mal milanese, ha avuto un "cambiamento profondo", "intellettuale ed emotivo", "non potrebbe progredire con altra detenzione" e può "essere ammesso alla liberazione condizionale", con la possibilità quindi di scontare la pena fuori dal carcere in regime di libertà vigilata.

Secondo Massimo Parisi, direttore del gruppo che lo ha tenuto sotto osservazione, il mutamento del 'bel Rene" è "evidenziato anche dall'anonimato degli ultimi anni (non ha consentito nessuna intervista), appare di un livello tale (tenuto conto della persona, della sua storia e del contesto) che non potrebbe progredire con altra detenzione, che potrebbe, di fatto, al contrario sollecitare una nuova chiusura dello stesso".

Questo cambiamento viene definito nel dossier "profondo, non solo anagrafico, ma intellettuale ed emotivo, frutto di una sofferenza che, seppur non evidenziata nei colloqui con gli operatori che da anni lo seguono, sa emergere in modo autentico e non sovrastrutturata". I giudici della Sorveglianza si erano riservati di decidere dopo l'udienza di martedì scorso.

La motivazione dei giudici

Renato Vallanzasca non può uscire dal carcere perchè l'"intero percorso del condannato è stato connotato da involuzioni trasgressive imputabili anche alla sua personalità e che non appare dunque possibile ravvisare il requisito del 'sicuro ravvedimentò, di cui mancano elementi fattuali anche nella relazione di osservazione". Così i giudici del Tribunale di Sorveglianza di Milano, presieduti da Marina Anna Luisa Corti, motivano il rigetto dell'istanza con cui la difesa del 'bel Rene" chiedeva la semilibertà o la liberazione condizionale.

Vallanzasca era finito in carcere per l'ennesima volta nel giugno del 2014 per un furto di mutande, concime per piante e cesoie in un supermercato, mentre era in permesso premio. La condanna a 10 mesi di carcere che gli era stata inflitta per questo episodio è, nel frattempo, diventata definitiva. Nell'agosto del 2017, Vallanzasca si era reso protagonista anche di un alterco "più che vivace", così lo definì il sindacato della polizia penitenziaria, con un agente del carcere di Bollate dove è recluso. L'arresto aveva avuto un effetto pesante: il Tribunale di Sorveglianza gli aveva revocato il regime di semilibertà di cui godeva dall'ottobre 2013 (usciva per lavorare durante il giorno e tornava in carcere a dormire). Processato per rapina impropria, si era difeso nel processo sostenendo di non aver rubato nulla e di essere stato 'incastratò da una persona che aveva messo gli oggetti nella sua borsa. "Perchè mi è stata fatta una cosa del genere non lo so, io so soltanto che entro Natale avrei dovuto discutere della mia liberazione condizionale e potevo tornare libero", aveva spiegato in aula.

Nella decisione, inoltre, i giudici valorizzano la circostanza che "dall'incartamento processuale non risulta che Vallanzasca abbia mai risarcito le vittime dei suoi gravissimi reati, nè attraverso un almeno parziale ristoro economico (anche quando, lavorando, ne aveva avuto la possibilità) nè attraverso altre forme di riparazione obiettivamente dimostrative della seria e univoca volontà di alleviare le

sofferenze delle predette, nè risulta che abbia mai mostrato convinta resipiscenza, chiesto perdono o posto in essere condotte comunque indicative di una sua effettiva e totale presa di distanza dal vissuto criminale"

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