Covid, la variante inglese fa paura. Palù: "Allarmismo ingiustificato"

Il presidente dell'Aifa spiega durante un'intervista che ancora non esiste alcun dato scientifico ed incontrovertibile in grado di documentare la maggiore pericolosità della mutazione

Covid, la variante inglese fa paura. Palù: "Allarmismo ingiustificato"

In queste ultime ore sono tanti gli interrogativi ed i dubbi circa la nuova variante del coronavirus scoperta in Inghilterra, ma a gettare acqua sul fuoco dell'eccessivo allarmismo è Giorgio Palù, virologo dell'università di Padova.

Un allarmismo, spiega l'esperto durante un'intervista,"non giustificato dai dati scientifici: si tratta di sequenze genomiche, ma non c'è dietro alcuna biologia". Nessun riscontro scientifico è in grado di comprovare la maggiore pericolosità di questa variante, spiega ancora il presidente dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa). "Non ci sono prove che questa mutazione renda il virus più letale o gli consenta di sfuggire ai vaccini", spiega ancora Palù, come riferito da AdnKronos."Tutti i virus che hanno bassa letalità, e il Sars-Cov-2 lo è poiché sta sullo 0,2-0,5%, tendono ad adattarsi al nuovo ospite e a replicarsi, ma è una funzione del virus quella di replicarsi non certo quella di uccidere l'ospite che necessariamente infetta per sopravvivere, essendo un bioparassita", precisa ancora l'esperto. Tale mutazione, comunque, circolerebbe "già da settembre in Inghilterra, Scozia, Galles, in Sudafrica, ma anche in Olanda e Danimarca". È bene sottolineare che "dati preliminari mostrano che i mutanti sono neutralizzati dagli anticorpi dell'infezione naturale o dei vaccinati".

"Dal prototipo di Wuhan sono già avvenute migliaia di mutazioni", prosegue l'esperto, "che ci consentono di tracciare l'evoluzione del virus e classificare i diversi genotipi, che hanno un unico progenitore. Finora nessuna di queste mutazioni è stata correlata con un aumento della virulenza, cioè con una capacità del virus di fare più male, di uccidere di più". Insomma, non essendo stata mai registrata un'evoluzione del patogeno più letale delle precedenti già note, è controproducente creare inutili allarmismi. "Si tratta di mutazioni che fanno crescere la sua contagiosità. Al momento non abbiamo pubblicazioni o studi approfonditi. Servirebbe uno studio sull'infettività virale in presenza / assenza di anticorpi specifici, su cellule umane, su organoidi e infine su un modello animale adeguato. Solo a quel punto ci si potrà esprimere sui rischi", puntualizza ancora.

Nessuna certezza neppure per quanto riguarda l'efficacia del vaccino: "Non c'è prova che il virus sfugga al controllo degli anticorpi. Dopo il via libera dell'Ema (Agenzia europea dei medicinali) al vaccino Pfizer, atteso per oggi", spiega ancora Palù, "domani arriverà il timbro formale della Commissione Ue e sempre domani ci riuniremo per la nostra autorizzazione". Via libera, dunque, per le vaccinazioni, a partire dal prossimo 27 dicembre."Bisogna arrivare a una immunizzazione tra il 65% e il 70% della popolazione, è l'unico modo per proteggere dall'infezione anche chi non si vaccina". Come previsto, si partirà da personale medico e anziani, le categorie considerate più a rischio.

E per quanto riguarda il ventilato obbligo di vaccinarsi? "Oltre che complicata dal punto di vista giuridico, l'obbligatorietà presenta anche un'altra criticità: noi avremo alla fine 6 vaccini con caratteristiche diverse, per cui qualcuno potrebbe legittimamente chiedere di farsi iniettare un tipo piuttosto che un altro", precisa il virologo, che non allontana l'idea del pugno di ferro con gli operatori sanitari che annunciano di non voler procedere con l'inoculazione del siero."In generale penso che hanno un dovere morale a farsi vaccinare e per loro, più dell'obbligatorietà, si potrebbe prevedere che l'avvenuta vaccinazione sia un requisito per lavorare".

Nonostante la corsa alla vaccinazione, tuttavia, è lo stesso presidente dell'Aifa ad ammettere che potrebbero esserci delle complicazioni, effetti collaterali a parte: "A partire che già con la prima dose il sistema immunitario viene stimolato, la possibilità di contagiarsi e ammalarsi va messa in conto.

È possibile che la prima dose consenta di andare incontro a sintomi più lievi, ma bisognerà fare comunque il richiamo, anche da positivi. Sarebbe meglio evitare questa situazione e l'ovvia raccomandazione è quella di fare molta attenzione nei venti giorni che separano le due iniezioni", conclude il virologo.

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