Veronica è tornata a casa: "Oggi è come se fossi rinata"

La giovane ferita dalla bomba di Brindisi ce l’ha fatta

Veronica è tornata a casa: "Oggi è come se fossi rinata"

Veronica. Bentor­nata a casa, ma soprattutto bentornata nell’aldiqua: per trop­po tempo, da quell’assurdo giorno della bomba davanti a scuola, eri considerata lati­tante e irreperibi­le, persa in un viag­gio senza ritorno, lontanissima dalla tua vita e dalla tua gente. Al momen­to del lieto fine, in storie come que­sta, piace a tutti rac­co­ntare che il mira­colato ha lottato strenuamente tra la vita e la morte: anche nel caso di Veronica, conside­rata la più grave tra le ferite, il papà raggiante esprime tutto l’orgoglio per la sua ragazza speciale: «Nep­pure noi sappiamo come abbia fat­to a venirne fuori. Sette interventi, dolori indicibili. Ha sofferto davve­ro tanto, tanto, tanto...».
Mai sottovalutare le indomite quindicenni di tutte le epoche. Questa è l’età che non permette di rassegnarsi tanto facilmente a scendere dal treno in corsa dell’esi­stenza, quando è appena comin­ciato il viaggio. Una grande voglia di battere la bomba, e la malvagità di chi ce l’ha messa,ha sospinto Ve­ronica nella lunga battaglia, da un ospedale all’altro.Era la più preoc­cupante tra i feriti di quella fune­rea mattinata davanti a scuola, l’in­dimenticabile mattinata che reste­rà sempre impressa nella memo­ria italiana nel segno di Melissa Bassi, rimasta sul selciato con tutti i suoi sogni. Sembrava che Veroni­ca l’avrebbe raggiunta subito do­po,
molto presto. Invece Veronica è di nuovo una stupenda quindi­cenne che vuole risalire sul famo­so treno, dal quale un demente l’aveva scaraventata giù.Ricomin­ciare esattamente da dov’era rima­sta, riprendere il filo da dove glie­l’avevano troncato: solo questo le interessa, proprio questo. «Vorrei che tornasse tutto come prima: le mie cose, la mia famiglia», dice a Tgcom24 dal giardino di casa, a Me­sagne, tra striscioni d’amici e affet­ti calorosi.
Le va restituito tutto. Le è dovu­to. Quello che stava per perdere, quello che sembrava aver perso nel bagliore inspiegabile di un atti­mo: tutto deve tornarle. A lei e alle altre ragazze come lei. Con la pove­ra Melissa, che si spera stia almeno godendosi il risarcimento eterno, sono nove le giovani persone offe­se nel fisico e nell’anima dall’atten­tato più vigliacco della storia re­pubblicana. Tutte, quanto meno a livello legale, dovrebbero sentirsi tutelate il giusto, ciascuna per la parte di sè lasciata sul marciapie­de, quella mattina. Per cinque di lo­ro, Veronica compresa, non c’è problema: gli aiuti sono stanziati. Per le altre quattro, misteriosa­mente, il problema c’è. Tre ragaz­ze e un ragazzo: sembrano vittime minori, sono feriti secondari. Ep­pure proprio mentre Veronica può finalmente brindare con la sua famiglia e con i suoi amici, da Pisa si alza il grido di dolore della cara Anna, una diciottenne di Tu­turano, frazione di Brindisi, che nell’attentato ha perso quasi tutto l’udito: le rimane un esile quaran­ta per cento in un orecchio. Pro­prio per cercare un disperato recu­pero, almeno parziale, in questo periodo Anna deve trasferirsi a Pi­sa nei centri specializzati. Disagi enormi, spese immaginabili. Ma non è tutto: più ancora della sordi­tà, pesa sulla sua nuova vita un cu­po stato di depressione. Racconta­no in famiglia che si sente dimenti­cata, trascurata, umiliata, proprio lei, che ai primi di giugno aveva stretto la mano al ministro Riccar­di, arrivato in zona per rincuorare i feriti. Adesso sente attorno solo si­lenzio e disinteresse. Per Anna e per gli altri tre- Aurora, che non rie­sce più a dormire, e poi Alessan­dra, e poi Andrea - nessun aiuto. Nessun clamore, nessuna solida­rietà. «Eppure-racconta l’avvoca­to - Anna e gli altri avrebbero an­ch’essi bisogno di una mano, di qualche segnale».
E’ l’effetto collaterale, perverso e odioso, delle tragedie multiple. Tutte le attenzioni, tutta la pietà, tutti i sentimenti si concentrano sui dolori più grandi. A scalare, sfu­mano. Tanto dolore per Melissa, com’è giusto, tanto affetto per Ve­ronica, com’è giusto, poi dissol­venza sugli altri, meno toccati e me­no toccanti. Resta il piccolo, fonda­mentale dettaglio dei punti di vi­sta: per Anna, che ci sta rimetten­do l’udito, che lotta disperatamen­te per salvarne almeno un poco, la propria tragedia e la propria muti­lazione sono comunque ugual­mente inspiegabili e ugualmente insopportabili. Perchè cinque stu­denti meritano gli aiuti e le emozio­ni della collettività, mentre altri quattro uniti nello stesso destino infernale vengono tagliati fuori dal­la compassione generale?
Forse è proprio questa doman­da irrisolta che dopo la bomba fa esplodere schegge nei pensieri di Anna.

Mentre brindiamo per il ri­torno di Veronica nell’aldiqua, sa­rebbe ora che tutti quanti, lo Stato per primo, parlassimo di nove gio­va­ni persone da aiutare e da risarci­re, tutte assieme, come quella mat­tina. Non di cinque più quattro.

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