La violenza domestica ai tempi del coronavirus: ​come chiedere aiuto

Con le misure di contenimento, per le vittime di violenza domestica risulta difficile chiedere aiuto. Ecco i numeri utili, attivi tutti i giorni, 24 ore su 24

La violenza domestica ai tempi del coronavirus: ​come chiedere aiuto

L'isolamento imposto dal decreto "Io resto a casa", rischia di generare un'emergenza nell'emergenza. In questo modo, infatti, potrebbero aumentare i casi di violenza domestica.

L'isolamento e la violenza domestica

A lanciare l'allarme era stata anche la relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani, Agnes Callamard, che aveva riflettuto sulle misure imposte dalle autorità di tutto il mondo, per combattere la diffusione del coronavirus. "Le autorità sanno o dovrebbero sapere che le misure di isolamento causeranno anche vittime tra le donne e i bambini", aveva scritto su Twitter Callamard, sostenendo la necessità della messa a punto "un piano di emergenza", in grado di proteggere le persone a rischio, che sono solitamente donne e bambini.

Ieri, anche la senatrice Pd Valeria Valente era tornata sui possibili rischi dell'isolamento domenisco, sostenendo: "In queste ore stanno diminuendo le denunce al 1522: non solo stare a casa con il proprio persecutore è pericoloso, ma può diventare più difficile, se non impossibile, chiedere aiuto", ha detto la presidente ella Commissione del Senato di inchiesta sul femminicidio e la violenza di genere. Poi ha aggiunto: "Stiamo lavorando, con la Commissione Femminicidio per accogliere le richieste dei centri antiviolenza. Pensiamo di presentare uno o più emendamenti al decreto 'Cura Italia' per dotare di maggiori risorse le case che ospitano donne vittime di violenza e per mettere loro a disposizione gli strumenti necessari per il servizio di accoglienza: kit sanitari e l'aiuto di medici e infermieri per prevenire e se necessario curare il Coronavirus".

Oggi, anche Save the children ha lanciato l'allarme. "L’isolamento, la convivenza forzata e l’instabilità socio-economica in questo periodo di emergenza coronavirus- spiegano- possono comportare per le donne e i loro figli e figlie il rischio di una maggior esposizione alla violenza domestica e assistita", data la condivisione prolungata degli spazi tra le vittime e chi le maltratta. Si riducono, inoltre, le possibilità per chiedere aiuto, che erano spesso legate all'assenza del partner dall'abitazione o alle uscite delle vittime, ora ridotte, se non annullate.

Come chiedere aiuto ai tempi del coronavirus

I Centri antiviolenza nazionali garantiscono la prosecuzione dell'attività e sono disponibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7 per consulenze telefoniche e accoglienza delle persone che hanno bisogno di aiuto. In caso di violenza domestica si può chiamare il numero nazionale 1522, sempre attivo e gratutito, con "un'accoglienza disponibile in italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo". È possibile anche consultare il sito "dire contro la violenza", per individuare il centro più vicino alla vittima, per chiedere aiuto. In caso di pericolo immediato, invece, ci si può rivolgere alle forze dell'ordine o al pronto intervento, chiamando i numeri 112 (carabinieri), 113 (polizia) o 188 (emergenza sanitaria). Nonostante le restrizioni imposte dal decreto, le vittime di violenza possono uscire di casa, per recarsi in un centro o dalle forze dell'ordine e chiedere aiuto: si tratta, infatti di una situazione di necessità.

La rete antiviolenza del Comune di Milano

A Milano restano attivi i numeri di consulenza telefonica e di pronto intervento e i servizi offerti dai 9 centri operativi della città, che offrono sostegno psicologico, consulenze e aiuto nella ricerca di un'abitazione. "È sempre possibile, quando necessario, anche il collocamento in strutture protette del Comune o in Case rifugio messe a disposizione dalle 5 tra cooperative sociali e associazioni che fanno parte della rete messa in campo dal Comune", ha spiegato l'assessore alle Politiche sociali e abitative Gabriele Rabaiotti.

E ha assicurato: "Di certo non intendiamo lasciare sole le donne che vivono situazioni di conflitto e di disagio spesso proprio laddove ora sono costrette a rimanere, nel loro appartamento. I servizi quindi continuano a funzionare a pieno regime, per garantire vicinanza e aiuto concreto a chi ne ha bisogno".

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