La previsione era sballata. O almeno troppo ottimistica: solo venti giorni fa i tecnici vedevano la fine del tunnel nella seconda metà di aprile, con "solo" 92mila contagi e il massimo di infetti registrati intorno al 18 marzo. Oggi invece i numeri dicono che quel benedetto picco è ancora lontano dall’essere raggiunto e che nella più rosea delle previsioni potrebbe arrivare non prima di settimana prossima. Spostando così la data per la riapertura dell’Italia a dopo Pasqua, forse a inizio maggio.
Ieri il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha confermato quel che gli italiani avevano capito da tempo: se i numeri continuano a salire, al di là dello storytelling sul "rallentamento" messo in campo dalla Protezione Civile nel suo quotidiano appuntamento delle 18, è impossibile pensare di cestinare il lockdown il 4 aprile. Le misure saranno prolungate di 15 giorni, poi si vedrà. La ripartenza di sicuro non sarà istantanea, forse a scaglioni come proposto da Renzi e da alcuni scienziati. Magari in base all'età: prima i giovani, poi gli anziani più deboli. Anche Conte però sa che si tratta di "previsioni premature", considerato il rischio di una seconda ondata. E almeno su questo ha ragione: la volatilità nei dati è ancora eccessiva per emettere un giudizio puntuale. Meglio dimostrare cautela.
Quel che è certo, però, è che nell’orgia di numeri ed elaborazioni prodotte da scienziati, matematici ed epidemiologi, ci siamo dimenticati di guardare indietro per domandarci: "Ma c'avranno preso tecnici ed esperti con le loro previsioni?". Non sempre. Nella bozza di relazione tecnica al dl Cura Italia, il governo aveva inserito un'analisi sulla diffusione del coronavirus in Italia tenendo conto delle misure stringenti adottate da Conte&co. Non è chiaro chi lo abbia prodotto, visto che nella versione definitiva della relazione tecnica non c'è. Si tratta di una stima di lavoro, ma è probabile che l'esecutivo ne abbia tenuto conto per varare le misure economiche di marzo. "Sulla base dei dati riportati sul sito del Ministero della Salute sull'andamento dei contagi fino al 8 marzo u.s. - si leggeva - e ipotizzando un andamento futuro dei contagi giornalieri come dal grafico seguente, elaborato considerando un raddoppio dei contagi in circa 3 giorni fino a metà marzo e successivamente un graduale calo dovuto alle misure di contenimento varate dal Governo, questo andamento porterebbe ad un numero di soggetti contagiati complessivi pari a circa 92mila”.
Nel grafico in questione, i tecnici dell’esecutivo immaginavano di raggiungere il picco intorno ai 4.400 nuovi casi giornalieri tra il 18 e il 19 marzo, poi la curva del contagio avrebbe dovuto cominciare a scendere fino a fine aprile, quando finalmente ci saremmo liberati del morbo. La realtà però si è rivelata ben più cupa delle ottimistiche speranze. Qui sotto potete vedere il confronto tra i dati della relazione tecnica e quelli realmente avvenuti, nel grafico realizzato da Riccardo Barbero, giovane studente di ingegneria elettronica a Vienna. Va detto che si riferisce ai "nuovi casi" totali, e non ai "nuovi attualmente positivi" (che sottrae guariti e deceduti) di solito comunicati dalla Protezione civile (qui vi spieghiamo quele è il miglior dato utile a capire l'epidemia). La curva dei "nuovi casi" ha seguito le stime della relazione tecnica solo per qualche giorno, poi si è radicalmente discostata. Per ora il punto massimo di nuovi contagi lo abbiamo raggiunto il 21 marzo (tre giorni dopo quanto pronosticato) e soprattutto ad un livello (6.557) molto più alto di quanto immaginato (4.400 circa).
Inoltre, sebbene i contagi stiano subendo un "rallentamento della crescita" non abbiamo ancora raggiunto il "picco", piuttosto lo stiamo cavalcando. Per ora ci siamo limitati (ed è già una gran cosa) a flettere la curva a trasformarla, per dirla con le parole di Pregiasco, da una "montagna" a una "collina". Forse a fine settimana capiremo se inizierà la fase calante oppure no. Quel che è certo, è che mentre il governo ipotizzava il numero complessivo di infetti a fine epidemia intorno ai 92mila casi, l’Italia oggi è già a quota 101.739. Con un trend ancora in crescita.
L'analisi può dunque servire da monito: è pericoloso prevedere l'andamento di un virus, soprattutto questo, ed è inutile alimentare false speranze.
"Tutti stanno facendo modelli - diceva ieri al Corriere Walter Ricciardi, membro dell’Oms e consigliere del governo - (…) ma sono calcoli che non vengono resi pubblici. Nessuna istituzione seria vuole fare previsioni che non siano assolutamente certe". In questo momento, però, molti sembrano tirare a scommettere. Ma allora è meglio affidarsi al polpo Paul.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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