"Vivo in un camper per vedere mio figlio. La madre l'ha portato in un'altra città"

Stefano ha voluto raccontare la sua storia ad Huffingtonpost per spiegare cosa passano molto spesso i padri separati. "Mia moglie mi impediva di vedere mio figlio. Così ho comprato un camper che è diventata la mia casa"

"Vivo in un camper per vedere mio figlio. La madre l'ha portato in un'altra città"

"Dopo la separazione, la mia ex moglie si è trasferita con mio figlio. Per stargli vicino ho comprato un camper, una casa in miniatura per i fine settimana con lui".

Stefano - nome di fantasia - ha voluto raccontare la sua storia ad Huffingtonpost. L'uomo ha 43 anni, è padre di un bimbo e si è da poco separato dalla moglie. Il piccolo ha sempre vissuto con la mamma a Genova, ma un giorno la donna ha deciso di trasferirsi con il bambino rendendo difficili gli incontri tra padre e figlio.

Ma l'uomo non si è perso d'animo e ha escogitato un piano per poter stare sempre accanto al bimbo. Stefano, infatti, ha deciso di andare a vivere in un camper che gli permette di spostarsi facilmente. "Col tempo è diventato il nostro piccolo rifugio su quattro ruote. Vado a prenderlo tre volte al mese a Como, dalla mamma, e al posto di girare per hotel o prendere una stanza in affitto, ci divertiamo a colorare il nostro camper e a riempirlo di ricordi. Così è come se vivessimo in una casa vera" - ha spiegato ad Huffpost.

"Una sera ho chiamato mio figlio per dargli la buonanotte - racconta -. Lo sentivo agitato, e poi mi ha detto: 'Non ti preoccupare papà, tanto ci vedremo lo stesso anche se saremo lontani'. Non capivo a cosa alludesse. Allora mi sono fatto passare la mamma: 'Ho già fatto le valigie. Domani abbiamo il treno alle 7 e non torneremo mai più a Genova'. Quella è stata la notte più buia della mia vita".

Ma Stefano non si è mai arreso e continua il suo racconto: "La mattina seguente sono andato in stazione per provare a fermarla ma la polizia mi ha intimato di non farlo: avrei rischiato una denuncia. E così sono partiti per Como. Ho visto il treno allontanarsi e sono rimasto in stazione, impotente, per ore prima di arrendermi e tornare a casa, in lacrime. Ero disperato. Avevo perso tutto, rivolevo mio figlio".

Stefano e Paola (entrambi sono nomi di fantasia ndr) si erano conosciuti in vacanza: dopo una relazione a distanza, è arrivato il matrimonio a Genova e infine il desiderio comune di un figlio. Ma dopo la nascita del bambino qualcosa tra loro si è rotto: "Non stavo più bene a casa. Non riuscivo a sentirmi un papà. Tra Paola e il bambino si era creato un rapporto esclusivo e lei non mi permetteva di stare vicino a mio figlio come avrei voluto. Nei rari momenti che passavamo insieme lo portavo in campagna a vedere gli animali, a giocare al parco o a mangiare un gelato con i suoi compagni d’asilo. Stavamo bene io e lui soli. Ma appena rientravamo a casa per me era l’inferno. Ero escluso da tutto".

Stefano decide anche di provare a chiedere supporto a uno psicologo ma la situazione in famiglia, giorno dopo giorno, diventava sempre più insostenibile. "Così - ricorda - dopo qualche anno, ho scelto di uscirne nel peggiore dei modi: me ne sono andato di casa. Il bambino aveva sei anni". Da quel momento per Stefano è iniziato un periodo buio fatto di solitudine e crisi, anche personale. Lotte quotidiane per vedere il bambino, una battaglia legale per difendere il suo diritto di essere padre, denunce per aggressione e mancato mantenimento – accuse poi rivelatesi infondate -, fino al pedinamento di un investigatore privato assoldato dalla donna.

La battaglia che ha combattutto Stefano è stata davvero dura. L'uomo ha fatto di tutto per rivendicare il proprio ruolo di padre e il diritto di essere presente nella vita del figlio anche dopo la separazione. "Non rimpiango nulla. Mi manca solo la quotidianità di vedere mio figlio tutti i giorni. Sul piano emotivo è difficile da sopportare. Potevo lottare ancora di più ma non me la sono sentita: il bambino aveva già sofferto troppo in questi anni e per il suo bene ho ceduto al trasferimento a Como. Se mi guardo indietro, la parola che accomuna tanti padri separati come me è la solitudine. In queste situazioni, quando ci sono di mezzo i bambini, l’80 per cento delle persone che hai intorno spariscono.

La solidarietà va sempre alla mamma, come se una donna soffrisse di più".

Dopo tutta questa sofferenza, Stefano può dirlo a gran voce: è riuscito a rimanere vicino a suo figlio. E il camper è diventata la loro nuova casa.

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