La tutela delle minoranze e dei loro diritti, in una democrazia liberale, è fondamentale. Non può, anzi, definirsi tale un Paese in cui non sia consentito a queste di fruire delle medesime garanzie di tutti, pur conservando la loro «differenza» culturale, religiosa, linguistica e così via.
Ma si possono organizzare un progetto e un programma politico, che pretendono di arrivare al governo vincendo le elezioni, solo assemblando una coalizione di minoranze? E facendosi «sindacato» di diritti di ognuno di loro, con il rischio, anzi, la certezza che quello che è sacrosanto per una minoranza, sia qualcosa di inaccettabile per l'altra?
La domanda non è astratta, perché a noi sembra che, almeno per il momento, il disegno del Pd di Schlein sia questo. Farsi portavoce di tutte le minoranze, dagli Lgbtqia+ agli immigrati agli islamici. Talvolta, anzi, pare che il Pd si limiti a riprodurre le proteste, legittime e anzi in certi casi giuste, delle loro rispettive associazioni. Ma un partito politico, soprattutto se si dice (o si diceva) a vocazione maggioritaria, non dovrebbe compiere una sintesi tra le voci diverse? Non sarebbe, anzi, compito della politica andare alla ricerca dell'universale? E tanto più se è progressista.
Un grande filosofo della politica statunitense, e raffinata mente liberal, Michael Walzer, ha messo più volte in guardia la sinistra americana e i democratici dalla deriva woke, giudicata «reazionaria» perché all'idea universale di cittadino sostituisce un pulviscolo di identità: lgbt, latino, black, asiatico. Schlein, che è la segretaria più culturalmente «americana» che il Pd abbia mai avuto, dovrebbe porsi questo problema. E anche quello del conflitto possibile tra le varie minoranze, se manca la politica a compiere una sintesi. Esempio concreto: Schlein ha sfilato in testa al Pride romano e, nello stesso giorno, il Pd ha preso le difese della comunità islamica, contro un progetto di legge che limita le moschee. Sono sicuri, però, i progressisti, che i movimenti Lgbtqia+ e gli islamici desiderino il medesimo tipo di società? E poi, che fine ha fatto il cittadino «maggioritario», che è ancora bianco e lavoratore persino negli Usa, figuriamoci da noi? Il partito erede di quelli che consideravano la classe operaia la hegeliana «classe generale», pensa che sia sparita? Poi non possono lamentarsi se, non da oggi, per la verità fin dal 1994, gli operai preferiscono votare la destra.
Potrà sembrare strano che, dalle colonne del quotidiano fondato da Montanelli, si dica, citando Marx, «compagna Schlein, riparti dai rapporti di
classe». Ma alla fine bizzarro non è: perché un sistema liberale non può reggere senza una opposizione in grado di competere con la maggioranza. E invece il Pd di Schlein si sta destinando, avanti così, a un ruolo residuale.
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