La lunga attesa del 118 mentre il padre muore

Il dramma della donna che non riesce a parlare con un operatore del 118, mentre il padre si spegne rapidamente per un malore

La lunga attesa del 118 mentre il padre muore

Una donna di Albano Laziale soccorre il padre dopo un malore. Sono le 3 di notte e dopo essersi resa conto che il papà stava male, chiama l'ambulanza. Ma per alcuni interminabili minuti il 118 la prega di rimanere in attesa con una voce automatica. L'operatore risponde, ma ormai è troppo tardi e il trasporto in ospedale è inutile: dopo poco tempo il padre muore. La tragica vicenda, riportata oggi da Repubblica, è di quelle che tolgono il fiato. Di mezzo il dramma di una figlia, sbattuta contro i tempi della burocrazia. Sì, anche quelli del 118.

Durante l'attesa di parlare con una voce umana, la donna non sa cosa fare. Prova a fare alzare in piedi il papà, ma è tutto inutile. Lo stende a terra. Lui si lamenta, dalla bocca gli escono alcune gocce di sangue. La testimone non ha competenze mediche, chiama il 118 per farsi mandare un'ambulanza, e magari per essere teleguidata per gestire la situazione.

Ma niente. Tra le 3.19 e le 3.26, la donna attende con ansia. La tensione si taglia con il coltello, i minuti trascorrono interminabili e alla fine è l'altro figlio a chiamare il 118 da un altro cellulare. "Andrà tutto bene, papà. Tra poco arriva l'ambulanza, ti porteremo in ospedale".

"Rimanga in attesa". Uno, due, tre volte. La donna non ne può più. Arrivano il fratello e la compagna, in tre riescono a sollevare il padre per metterlo sul letto, ma l'uomo, lentamente, si sta spegnendo. Non sanno cosa fare, la figlia prova a mettergli qualche goccia d'acqua in bocca. Ma la paura si appropria di lei. "E se soffocasse?".

A quel punto il fratello esce in macchina e corre verso l'ospedale, che dista soli 300 metri da casa. La risposta che riceve fa gelare il sangue: "Non abbiamo ambulanze al momento". I secondi passano, il padre ormai è in fin di vita. Nel condominio nasce una spontanea catena della solidarietà, una vicina chiama il 118. "Più siamo, meglio è".

Finalmente, alle 3.26, risponde un operatore che trasferisce la chiamata alla centralina del 118 più vicina alla donna. Ed ecco che ritorna quella maledetta vocina automatica, che chiede con ipocrita e fastidiosa gentilezza di "rimanere in attesa". La donna si arrabbia e urla, mentre alla vicina risponde un altro operatore a cui viene chiesto di mandare un'ambulanza.

Ma ormai è troppo tardi: alle 3.34 il papà muore. Due minuti dopo chiama un numero privato che dice: "Signorina, le mandiamo un'ambulanza se vuole". Oltre al danno la beffa.

E la consapevolezza che forse, qualcosa in più, si sarebbe potuto fare. Anche perché l'uomo ormai deceduto è stato portato all'ospedale dai suoi figli.

Che alla fine non hanno voluto rimanere in attesa. Ulteriormente.

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