"Vogliono il cibo sintetico". I produttori denunciano i tagli dei fondi Ue per vino e carni rosse

L'appello di Coldiretti e Filiera Italia contro la decisione della Commissione europea di penalizzare vino e carni trasformate nei nuovi bandi per la promozione dei prodotti agroalimentari, in favore di una dieta più green

"Vogliono il cibo sintetico". I produttori denunciano i tagli dei fondi Ue per vino e carni rosse

Più risorse per la "dieta verde". È la strada che sembra aver intrapreso la Commissione Ue, che nel 2023 dovrà riscrivere il regolamento di ripartizione dei fondi europei per la promozione dei prodotti agroalimentari. Ma già nei bandi pubblicati quest’anno ci sarebbe l'indicazione di penalizzare con punteggi negativi carni trasformate, vino e birra, per mettere in pratica le raccomandazioni contenute nel report della commissione speciale Beca sulla lotta al cancro, che individua negli alcolici e nelle carni rosse un fattore di rischio.

Tra i criteri per l’accesso ai fondi, infatti, quest’anno compare anche l’allineamento alle direttive contenute nella strategia Farm to Fork e nel dossier della commissione BeCa. Gli aiuti, viene specificato nel Piano di Lavoro Annuale 2022 che regolamenta i nuovi bandi, citato da Italia Oggi, hanno l’obiettivo di "incoraggiare una dieta più vegetale, con meno carne rossa e lavorata e altri alimenti legati a rischi di cancro", e cioè le bevande alcoliche, messe nel mirino dal report della BeCa.

Una questione non da poco per l’agroalimentare italiano, visto che nel 2021 Palazzo Berlaymont ha stanziato 182,9 milioni di euro per promuovere i prodotti agricoli europei all'interno e all'esterno dei confini dell’Unione. Di questi, almeno 40, negli ultimi anni, sono stati assegnati alla filiera italiana. I tagli, quindi, denunciano le associazioni dei produttori, avrebbero l’effetto di "affossare la dieta mediterranea e il Made in Italy".

Per questo il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, e il consigliere delegato di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia, hanno scritto al commissario all’Economia, Paolo Gentiloni, al commissario all’agricoltura Janusz Wojciechowski, al ministro dell’agricoltura Stefano Patuanelli e agli europarlamentari italiani, per chiedere di "rifocalizzare" la politica di promozione messa nero su bianco dalla Commissione nella valutazione di impatto preliminare. Più che sui prodotti in sé, è la proposta contenuta nella lettera, che IlGiornale.it ha potuto visionare, bisognerebbe lavorare sui "metodi", sulle pratiche agricoli e sui consumatori.

Finora, infatti, viene fatto notare nella missiva indirizzata a Gentiloni, i programmi per i prodotti alimentari messi in campo dall’Ue per i prodotti a base di carne non hanno avuto lo scopo di aumentare i consumi ma di "valorizzare la filiera zootecnica" delle aziende del Vecchio Continente. "Se si dovesse procedere sul terreno delle paventate penalizzazioni, sarebbero proprio le aziende extra-UE a trarre un ingiustificabile vantaggio competitivo sulle imprese europee", notano le organizzazioni, che chiedono di respingere "tutti gli atteggiamenti discriminatori verso i prodotti a base di carne e le eccellenze dei settori vitivinicolo e brassicolo, che sono inclusi nella dieta mediterranea".

"La continua demonizzazione di questi prodotti, che hanno dietro milioni di lavoratori europei, - attaccano Coldiretti e Filiera Italia - coincide in maniera evidente con la propaganda del passaggio a una dieta unica mondiale, dove il cibo sintetico si candida a sostituire quello naturale". Una prospettiva inaccettabile per i produttori italiani, per i quali “il giusto impegno dell’Unione eropea per tutelare la salute dei cittadini non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate".

I limiti che la Commissione europea vorrebbe imporre, mettono in guardia le associazioni, rischiano di impattare non solo sull’occupazione ma anche sulla biodiversità del nostro territorio, condannando all’estinzione i nostri prodotti tipici. La norcineria italiana, ad esempio, dà lavoro a circa 100mila persone con un fatturato da 20 miliardi. Dopo il contraccolpo subito con la pandemia, ora i produttori temono un nuovo ridimensionamento del fatturato per effetto dell’esclusione dai fondi europei per la promozione dei prodotti. Stesso discorso per la filiera vinicola, che vale 11 miliardi di euro e impiega 1,3 milioni di persone.

"È inaccettabile che per l’assenza di distinzione tra uso e abuso di alcool e di cultura alimentare da parte di alcuni Paesi nordici si vogliano penalizzare prodotti di qualità, come vino e salumi, inseriti in una dieta equilibrata e sana come quella italiana", obietta Luigi Scordamaglia, raggiunto al telefono da IlGiornale.it. "Piuttosto – propone il consigliere delegato di Filiera Italia - si conducano campagne di educazione alimentare in quei Paesi". "L’Italia deve reagire con forza", conclude.

Intanto, il commissario all’Agricoltura Wojciechowski, nei giorni scorsi, ha fatto sapere che terrà conto delle preoccupazioni dei produttori. E la battaglia nei prossimi mesi si sposterà nell’Eurocamera, dove l’obiettivo sarà di correggere con un emendamento alcune delle raccomandazioni contenute nel report della commissione BeCa, soprattutto per la parte riguardante gli alcolici. La filiera italiana vorrebbe evitare la penalizzazione indiscriminata di questi prodotti, facendo passare la distinzione tra consumo equilibrato e abuso.

A raccogliere l’appello di Coldiretti e Filiera Italia ci sono gli europarlamentari leghisti Marco Campomenosi, Silvia Sardone, Mara Bizzotto e Angelo Ciocca. "Le nuove direttive potrebbero spingere fortemente sui soli prodotti biologici dimenticando che gli obblighi in materia di sostenibilità ambientale e la ricerca dell’alta qualità contraddistinguono tutte le principali filiere, e penalizzare eccellenze del nostro territorio precludendo in partenza la possibilità di accedere ai fondi per la promozione a centinaia di aziende del Made in Italy, discriminando anche la dieta mediterranea, per il quinto anno consecutivo premiata dal ‘US News & World Report’ dieta migliore al mondo", notano i deputati leghisti che chiedono di "ribaltare l’approccio".

I fattori determinanti, scrivono in una nota, devono essere quelli della "buona

condotta delle aziende" e del "rispetto degli impegni ambientali". "Non giudizi sommari sul prodotto finito, sostenibile perché risultato di una filiera virtuosa in ogni sua componente", concludono gli eurodeputati.

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