Vostra figlia è disabile? È colpa vostra e noi vi togliamo la genitorialità. Si può riassumere così l'assurdo caso di una coppia di Bologna che è stata accusata dai servizi sociali di essere responsabile del ritardo nella crescita psicofisica della propria bambina.
La piccola, che chiameremo col nome di fantasia Anna, in realtà, è nata con una patologia genetica, la lissencefalia, che ha compromesso gravemente il suo sviluppo e la sua crescita. Stiamo parlando di una bambina disabile al 100% che nel 2017 è stata tolta ai propri genitori perché nessuno ha riconosciuto e diagnosticato la sua invalidità. All'epoca non sono stati effettuati “gli esami clinici che avrebbero dipanato ogni dubbio e consentito un intervento terapeutico sulla minore, idoneo ad alleviare la sua patologia”, si legge nell'interrogazione parlamentare presentata su questo caso dal senatore di Fratelli d'Italia, Giovan Battista Fazzolari.
La malattia viene accertata solo dopo che la minore viene affidata a terzi per incapacità genitoriale dal momento che i servizi sociali di Bologna giudicano il papà e la mamma di Anna inadatti e incapaci di prendersi cura della figlia. La bimba viene, dunque, data in affido e i genitori possono incontrarla una sola volta a settimana in un ambiente neutro per non più di due ore presso una struttura terza e sotto l'occhio vigile di diversi operatori. A un anno e due mesi di vita arriva la diagnosi che 'scagiona' la coppia di coniugi bolognesi dall'accusa di incuria: Arianna soffre di una grave forma di lissencefalia congenita. Dopo questo verdetto, però, il tribunale competente non prevede il ritorno a casa delle bambina che anzi, su richiesta del servizio sociale, viene data ad una famiglia affidataria fuori regione. Per due anni i genitori di Anna vivono una serie di umiliazioni tra viaggi per vedere la propria figlia e colloqui con assistenti sociali che non li supportano. Solo nel settembre 2019, grazie agli avvocati Rita Ronchi e Nicola Neri Bernardi, vi è la rivalutazione critica del caso che “impone al Tribunale impone al Tribunale di disporre il rientro a casa della minore e di non essere più adesivi alle proposte inaccettabili del Servizio il quale ritenta di proporre una nuova onerosa collocazione comunitaria”, si legge ancora nell'interrogazione presentata dal meloniano Fazzolari. Ma non è finita qui. Il tribunale, infatti, ad oggi, non ha ancora ripristinato la responsabilità genitoriale“impedendo la fruizione dei sussidi per famiglie con disabili, e cosa ancor più grave senza accertare le responsabilità degli operatori sanitari e sociali colpevoli di relazioni, come si legge dalle memorie difensive, non corrispondenti al vero”.
I servizi sociali, infatti, non potevano non sapere di cosa realmente soffrisse la piccola e, in ogni caso, dal settembre 2017 il ritardo psicofisico non era dovuto ad alcun tipo di incuria dei genitori. “Ciò nonostante hanno obbligato per due anni la famiglia ad andare e venire da Bologna a Pesaro, tutti i fine settimana per poter vedere la bambina”, accusa Fazzolari che punta il dito contro i servizi sociali, i quali “invece che lavorare in supporto di questa famiglia monoredditto di operai, hanno deciso di strapparla ai suoi genitori, accusandoli, senza mai riconoscere l’imperdonabile errore che tanta sofferenza ha causato”.
Ed è per questo motivo che il senatore di Fratelli d'Italia, nella sua interrogazione, ha chiesto che venga effettuata un' ispezione da parte del Ministero della Giustizia presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna “in quanto, ad una ritardata ed omessa diagnosi , è corrisposta un'inspiegabile celere e brutale procedura di colpevolizzazione dei genitori naturali”.
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