L'ennesimo giallo. L'omicidio di Yara Gambirasio annovera un altro enigma: quello sulla consulenza che la Procura, oltre un anno fa, ha commissionato agli esperti di medicina legale dell'Università di Pavia e che dovrebbe essere depositata a breve. Per il consulente e medico legale, Fabio Buzzi, il Dna trovato nei peli sul cadavere sarebbe quello di Ignoto 1, poi rivelatosi Massimo Bossetti, il muratore bergamasco in carcere, e "l'aver trovato tracce di materiale biologico addosso agli indumenti di Yara, oltre che formazioni pilifere apposte sugli indumenti, è chiaro che dà una forza evidentemente, intuitivamente maggiore a questi due riscontri". Ma agli inquirenti bergamaschi non risulta una comparazione già effettuata tra i peli e il Dna di Bossetti. Non si capisce nemmeno se si tratta di peli o di capelli. "Noi non facciamo delle distinzioni", ha risposto Buzzi, spiegando che la circostanza "rafforza l'altra indagine condotta collateralmente sulle cosiddette macchie, sul materiale biologico invece apposto, assorbito dagli indumenti".
"Il professor Buzzi non ha mai ricevuto un incarico diretto dalla Procura di Bergamo. La notizia da lui data circa la corrispondenza di una formazione pilifera all'indagato è totalmente priva di fondamento", ha detto il professor Carlo Previderè, responsabile del laboratorio di genetica forense dell'Università di Pavia a proposito delle notizie, circolate ieri in serata, sul fatto che peli con il Dna di Massimo Giuseppe Bossetti fossero stati trovati sul corpo della ragazza uccisa. Le analisi dell'equipe di genetica forense dell'Università di Pavia su altro materiale organico, come peli e capelli, trovato sul cadavere di Yara Gambirasio "sono ancora in corso e, conclusi gli accertamenti, depositeremo una relazione", ha aggiunto Previderè, spiegando che il professore ha spiegato che delle tracce biologiche trovate sugli indumenti di Yara "se ne sono occupati i Ris".
Nel frattempo la famiglia del muratore continua a difenderlo, in particolare la moglie, Marita Comi, la quale racconta che quella sera Bossetti era con lei e continua a descriverlo come un uomo normale. Non era a conoscenza del fatto che il marito telefonò alla madre proprio da Chignolo d'Isola il 26 febbraio del 2011, giorno del ritrovamento del corpo di Yara. E ha raccontato ai carabinieri che Bossetti la portò, una volta, nel campo in cui Yara fu ritrovata, ma solo tempo dopo che era stata scoperta la tragedia. "Volevamo vedere il luogo. Inizialmente non trovammo la strada, ma alla fine ci siamo arrivati. Che io sappia mio marito non c'è mai andato". Intanto, sempre Segreti e delitti ha mostrato un "fotogramma inedito", ora in possesso degli inquirenti, di un furgone pick up che potrebbe essere quello di Bossetti. Sono le 18.12 del 26 novembre 2010, giorno della scomparsa di Yara e la telecamera di sorveglianza di una banca nei pressi della palestra di Brembate di Sopra, dove la ginnasta si allenava, registra il passaggio di un furgone simile a quello del muratore mentre percorre via Rampinelli per poi voltare a destra.
Intanto, Massimo Maggioni, che ha lavorato a lungo con Massimo Giuseppe Bossetti, intervistato dal Corriere della Sera, ricorda l'atteggiamento di Bossetti quando entrambi incontrarono in cantiere il padre della ragazzina assassinata: "Gambirasio era passato a fare le sue misurazioni anche da noi. Credo prima che gli capitasse quella tragedia. Poi era ritornato altre volte, più avanti: a volte c’è da lavorare sulle finiture. E Massimo Bossetti era sempre lì.
Mi ricordo che quando Gambirasio arrivava io ero a disagio, cioè mi piangeva il cuore per lui, ero un po’ scosso. Ma mi viene anche in mente che Bossetti non batteva ciglio. Non una parola, mai un segnale: era davvero impassibile. Io l’ho conosciuto: quando l’ho visto in manette non ci credevo".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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